Alonso lascia: era il migliore
Tratto da:Onda Lucana® by Marco Di Geronimo
Fernando Alonso abbandona la Formula 1. La gara di ieri è stata l’ultima di una lunga serie (314 corse all’attivo). Purtroppo lo spagnolo ha vinto solo due titoli mondiali nella massima serie. Peccato. Ne avrebbe meritati di più: e non solo perché la sfortuna gliene ha negati uno o due. Ma perché è con ogni probabilità il pilota più forte sulla griglia di partenza.
Il grado di maturità prestazionale di Alonso era elevato già alcuni anni fa. Nel 2012 e nel 2013 è stato capace di autentici miracoli alla guida di Ferrari non all’altezza della concorrenza. E tutti i tifosi devono ricordare con una certa apprensione il Gran Premio d’Ungheria 2014, che Alonso rischiò di vincere con la F14T. Ovvero una monoposto che definire inguidabile è riduttivo.
Di certo la qualifica non è il suo punto forte. Il pilota di Oviedo costrinse addirittura il Cavallino Rampante ad “autosabotare” la vettura di Massa al Gran Premio del Brasile 2012. All’epoca Felipe Massa si qualificò davanti allo stesso Alonso, che era in lotta per il titolo iridato con Sebastian Vettel. Il carioca si vide quindi sostituire il cambio, retrocedendo di tre posizioni. Lo spagnolo guadagnò una casella in griglia e poté partire dal lato pulito. Non fu questo a decidere il mondiale. Fu la fortuna di Vettel (scampato per miracolo a diversi speronamenti in partenza dopo il testacoda) a negare all’asturiano la gioia del terzo titolo mondiale.
Ma al #14 non si può negare la superiorità mentale nel gestire le fasi più intense di gara. Lo spagnolo ha sempre avuto un quid in più nel percepire la macchina e nel trovarne il limite giro dopo giro. Come osservava qualcuno, il due volte Campione del mondo è un pilota che guida sentendo il mezzo in continuazione, senza mai darne per scontato le reazioni. Questa sorta di fusione permanente col veicolo è stata un’arma che gli ha permesso di giocarsi mondiali con monoposto del tutto non allineate al suo talento.
Resterà sulla sua carriera la macchia del mondiale 2007, perso nonostante disponesse di una monoposto molto veloce. Quell’anno la gestione di Ron Dennis permise a Lewis Hamilton di emergere. Ma determinò l’implosione del team. E difatti il 2008 vide Alonso dietro il volante della Renault, frattanto regredita a squadra di seconda fascia.
Questa è stata la cifra della sua intera carriera. Dopo la firma con Renault, l’asturiano non è mai stato capace di trovare la squadra giusta. Le annate dal 2010 al 2014 in Ferrari sono state alcune tra le più difficili della storia della Scuderia. Il reparto progettazione privo di guida, la direzione sportiva troppo morbida e un gregario non all’altezza hanno messo in continuazione i bastoni tra le ruote a un talento che non conosceva momenti di crisi.
Gli ultimi anni in McLaren hanno semplicemente offuscato una stella che forse meritava più tempo e più spazio per splendere nel panorama della F1. A fianco dei grandi campioni della storia dell’automobilismo, Alonso non sfigura, e non sarà il palmarès ingrato a negargli questo confronto. Aveva un’intensità mentale da gara al cui confronto Hamilton impallidisce, e se pure gli mancava il lampo di genio di Vettel sul giro veloce, era un pilota molto più completo di chi si giocherà i titoli iridati nei prossimi anni. Ma fa bene a voltare pagina: la massima serie non può garantirgli altro.
Intendiamoci: ha il carattere peggiore, forse, tra i piloti in griglia. E chi scrive non provava simpatia per chi si permetteva di dire di «sognare l’auto degli altri» mentre difendeva le insegne del Cavallino Rampante. Ma se il tifoso avrà un antipatico in meno da smaltire di fronte ai microfoni, l’appassionato non può negare l’enorme perdita di un asso che abbandona il Circus.
Tratto da:Onda Lucana® by Marco Di Geronimo
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