LE RADICI DEL MALE

Tratto da:Onda Lucana® by Monica Splendori (AIL)

“Era un pomeriggio come tanti. Nel cortile di un piccolo paese in Provincia di Verona, Anna aveva 15 anni, e da qualche giorno sentiva parlare di Giacomo, si lui, quel bimbo fragile, tale lo ricorda Anna. Di come era finito in carcere, lo avevano trovato mentre rubava in un appartamento. Il racconto era pieno di volti, nomi, e parole molte parole, su come Giacomo ormai fosse finito in una storia di droga, che lo aveva rinchiuso come in una ragnatela, da cui il suo coetaneo non ne sarebbe uscito vivo. Storie tristi e di sofferenza. Storie di povertà, una famiglia vuota quella dell’amico, soprattutto dopo la morte del fratellino. Quel giorno il padre, avendo perso il lavoro era al bar ad ubriacarsi, mentre la madre doveva lavorare. Cosi Alessio che aveva cinque anni fu’ lasciato da accudire a Giacomo che ne aveva otto. I due giocavano nella vasca da bagno, nessuno seppe come, ma Alessio annego’. Da quel giorno, non vi fu’ più pace, in quella famiglia, senza un lavoro e con pochi denari, dovettero lasciare la casa. Andarono a vivere in campagna, dalla nonna, Anna non dimenticherà mai quel bimbo dolce e sensibile, che non raccontò a nessuno mai come fosse morto il fratellino. Ora lo ricorda, di lui ricorda questo, e non una storia di droga, di piccola delinquenza, di furti per procurarsi la dose. Ricorda che la droga, decimo’ il suo paese negli anni 70/80. Una cosa non è mai riuscita ad accettare Anna, il perché, di questa vicenda. Quale interesse, poteva essere supremo, alla vita di molti suoi coetanei!” Con il termine di Mafia si definisce l’organizzazione criminale suddivisa in più associazioni (cosche o famiglie), rette dalla legge dell’omertà e della segretezza, che esercitano il controllo di attività economiche illecite e del sottogoverno, diffusa originariamente, in Sicilia. Giovanni Falcone cosi nominò la Mafia : “ La mafia lo ripeto ancora una volta non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della nostra società. Questo è il terreno di cultura di cosa nostra con tutto quello che comporta di implicazioni dirette ed indirette, consapevoli o no, volontarie o obbligate, che spesso godono del consenso della popolazione.”Il magistrato perse la vita, per cercare di sradicare questo stato nello stato. La mafia arrivò in Veneto, attraverso i suoi uomini, inviati in soggiorno obbligato, negli anni settanta/ottanta, la motivazione di chi adottò questa scelta, fù che l’allontanamento dal loro territorio in terre di confine, li avrebbe ridimensionati. L’ipotesi, non tenne in considerazione che in Veneto una delle zone stabilite per debellarla, vi era già un’altra organizzazione, che stava nascendo: La Mala del Brenta è il nome attribuito dal giornalismo italiano ad un’organizzazione criminale mafiosa del XX secolo nata in Veneto intorno agli anni settanta ed in seguito estesasi nel resto dell’Italia nord-orientale. Ancora oggi nemmeno i Veneti, sono a conoscenza nella maggioranza dei casi della storia e forse nemmeno dell’esistenza, di Felice Maniero detto “ Faccia d’Angelo” e la sua impresa chiamata appunto la Mala del Brenta. Nel ventennio successivo al secondo dopoguerra, il panorama malavitoso veneto era composto, come nel resto delle regioni dell’Italia nord-orientale, da bande paracriminali di piccolo e medio spessore coinvolte perlopiù in azioni di microcriminalità e ben lungi dal trasformarsi o unirsi sotto un’unica organizzazione a carattere mafioso per il controllo del territorio. In particolare il triangolo tra Mestre, Padova e Chioggia era un’area economicamente particolarmente depressa. A Venezia invece era tradizionale la microcriminalità al pari delle altre grandi città italiane, e come città portuale divenne imperniata sul contrabbando in particolare di sigarette, attività attorno alla quale iniziò già dagli anni ’50 a gravitare un abbozzo di organizzazione criminale tesa al controllo, ancor prima dell’affacciarsi della banda del Brenta. Dalla metà degli anni ’70 il ben più lucroso traffico di droga cominciò a sostituire pian piano il tradizionale contrabbando di sigarette tra gli interessi della criminalità, attirando con ciò gruppi ben più decisi a conquistarsi uno spazio, e da ciò nacque il sodalizio che imperversò almeno fino agli anni ’90.

IL FIORE DELLA MAFIA NELLA LAGUNA

“Faccia d’Angelo” cosi veniva chiamato Felice Maniero, capo della Mala del Brenta, rivolse il suo interesse anche ai Balcani, scossi dalla sanguinosa guerra civile. La scelta dei criminali Veneti cadde sulla Croazia, governata da Franjo Tudjman, questo suo contatto gli permise di implementare l’attività della sua organizzazione, i due iniziarono un prosperoso commercio d’armi. Lo snodo logistico principale di questa attività di contrabbando è il porto di Chioggia, in provincia di Venezia, relativamente piccolo ed al di fuori delle grandi rotte mercantili, ideale per fare affari in maniera indisturbata. Maniero diventa così di casa a Zagabria e dintorni, investe anche nel settore immobiliare in Istria e richiede la cittadinanza croata. Gli amici Croati si ricordarono di lui anche quando fù arrestato cercando di farlo evadere. Il loro romanzo criminale terminò solo quando Felice Maniero divenne collaboratore di giustizia. Altro importante elemento è l’arrivo di alcuni esponenti della mafia siciliana costretti al soggiorno obbligato nelle province di Venezia e Padova, in particolare Totuccio Contorno, Antonio Fidanzati, Antonino Duca e Rosario Lo Nardo sul finire degli anni settanta e l’inizio degli ottanta, fu la base per la nascita di un gruppo paramafioso che potesse fare da ponte tra il Nord e il Sud. All’ombra di questi personaggi crebbero e trovarono maturazione le locali giovani leve di una criminalità dai contorni ancora rurali, che tentava generalmente di mutuarne le gesta . Dopo il 1994 l’organizzazione è andata disciogliendosi anche grazie ai numerosi arresti e prelievi di beni dei suoi membri. Il primo tentativo di rinascita era costituito da un complotto volto a uccidere l’ex boss e pentito Felice Maniero. Per riuscire nell’impresa, i nuovi malavitosi prevedevano di usare un lanciarazzi e altre armi pesanti per colpire la caserma ospitante l’ex boss. Al momento dell’arresto le autorità identificarono come orditori della cospirazione trentatré persone, tra cui noti rapinatori e delinquenti di piccola taglia. In particolare agivano Andrea Batacchi, Mariano Magro, Lucio Calabresi, Nazzareno Pevarello e Stefano Galletto, ed è stato proprio il pentimento di quest’ultimo a consentire alla task force della Direzione anticrimine centrale di sgominare la banda. L’operazione venne condotta dal Pubblico Ministero di Padova, Renza Cescon, e impiegò circa 400 uomini della polizia di Stato. Caratteristiche generali: sviluppatasi negli stessi anni e negli stessi contesti criminali da cui nacquero a Roma la banda della Magliana e a Milano la banda della Comasina, si distinse dalle altre mafie italiane per il carattere rurale mantenuto nel corso degli anni. La mafia piovese si rese protagonista di rapine, sequestri di persona, omicidi e traffici di droga e armi a livello europeo nel giro di pochi anni dalla nascita. Considerata da taluni una vera e propria mafia, e per questo anche soprannominata la quinta Mafia, viene così descritta dalla Prima sezione della Corte d’Assise d’Appello di Venezia da una sentenza emessa il 14 dicembre 1996. All’organizzazione della riviera del Brenta si aggiungevano: I mestrini, il gruppo criminoso di Mestre – strettamente collegato a quello della Riviera. I veneziani, il gruppo della laguna, composto da elementi tutti nativi del capoluogo . La banda Maritan Gruppo di San Donà di Piave-Jesolo, nel Veneto Orientale, il cui capo era Silvano Maritan. “Ecco, forse questa è una possibile spiegazione, del perché ingiustamente, quel ragazzo dolce oggi non può ascoltare questa storia!”

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Tratto da:Onda Lucana® by Monica Splendori (AIL)