Introduzione al libro dei racconti “DIALOGHI CON L’ANGELO” by Vito Coviello. Inseriamo il settimo racconto, seguiranno altre pubblicazioni.

Emozioni che riempiono l’animo di ognuno di noi, un valido aiuto alla conoscenza del proprio IO,  per la profondità, lo stile semplice ed efficace dei racconti si consiglia una buona lettura a tutti.

Tratto da:Onda Lucana

L’ANGELO CUSTODE

Ciao Angela, sai oggi andiamo a messa, il prete ha detto che oggi è la tua festa, la festa degli angeli, auguri Angela. Eh faceva un po’ di caldo, ti dirò non faceva quel caldo che provai tanti anni fa, eh ma tanti tanti anni fa. Ero giovane, e avevo comperato una bicicletta, sai non avevo soldi per la benzina, la usavo solo per andare in centro e muovermi. Avevo comprato una bella Atala, tutta d’argento, argentata, a sei marcie, d’asporto non da corsa quindi bellina. Ah! come ci passeggiavo sopra, mi accorgevo che mi guardavano tre ragazze e io ci marciavo con quell’aria da sportivo, ma io in realtà giravo solo per la città non avevo alcun allenamento. Quella sera mi ritirai tranquillamente a casa, cenai era già tardi, i miei già dormivano e me ne andai al letto, ma faceva tanto di quel caldo che, gira di qua gira di la, mi venne l’idea <<Adesso mi vado a fare un giro per la città con la bicicletta, almeno prendo un po’ di aria visto che non dormo>>.

Prendo la bicicletta, inizio a girare per le vie della città e quanta popolazione che c’era in giro quella notte. Quella notte faceva tanto caldo che la gente stava giù seduta e c’erano anche le ragazze, erano accompagnate tutte dai genitori per cui non potevo parlare più di tanto. Eh vabbe’! ad un certo punto mi venne l’idea, perché non me ne vado al mare… al mare. Il mare più vicino da Matera è Metaponto, 45 km. L’incoscienza del giovane mai uscito al di là di 2 km da Matera, adesso me ne vado al mare. Prendo la più antica e inizio a pedalare. Era una notte bellissima, una notte di luglio, un cielo stellato. Si vedeva la via Lattea bianca e bastavano le stelle per illuminare la strada, non serviva neanche quell’affaretto dinamo della bicicletta, e non passava nessuno e io pedalavo pedalavo, tanto che incominciarono a bruciarmi le ginocchia però poi scomparve il dolore sottile e il gesto diventò meccanico, pedalavo come una macchina, pedalavo e pensavo, ad un certo punto ad una curva incontrai un’ unica macchina che stava per prendermi in pieno, ma fortunatamente proseguì dopo una sterzata. Eh! chissà quante me ne disse perché sentivo che suonava, strombazzava con e poi nient’altro. Continuai a pedalare, a scendere giù verso Metaponto, si sentivano i grilli, si sentivano i grilli.

L’aria era fresca, bella, gli odori della campagna, ad un certo punto non sento più niente. Ero arrivato nella piana di Metaponto, silenzio, un silenzio quasi tombale. Quanto non si sente nessun suono neanche il suono del vento, solo il rumore delle ruote della bicicletta, il fruscio delle ruote e la pedalata. Lungo la strada incrocio una casa cantoniera, una di quelle case rosse con la porta aperta, dalla cui porta si intravedeva già a distanza, poco a poco mi avvicinavo. Una luce rossastra, tremolante quasi di candela, ma più che candela pensai fosse di una di quelle luci di quei lumi a petrolio che facevano una luce rossastra poi facevano tanto fumo. Io ho i miei anni, sapete queste cose quando ero bambino c’erano i lumi a petrolio. Voi neanche sapete che cosa sono i lumi a petrolio, quando non c’era la corrente nelle case, e i lumi a petrolio e questa luce che ballava, io accelero con la pedalata non si sa mai il contadino pensa che io sia un ladro, magari mi spara dietro, comunque sorpasso e continuo nel silenzio.

Ma quando sei nel silenzio i pensieri volano, io pedalavo e pensavo, pensavo e pedalavo, e si affacciavano nella mente pensieri strani, ancestrali, antichi e di paure. Mi tornò in mente che giusto l’anno prima a Metaponto, una ragazza era stata, non era morta di morte naturale, diciamola così, la cui testa fu ritrovata in un sacchetto sulla strada di Laterza tempo dopo, strani pensieri mi erano venuti in mente in quel buio e in quel silenzio totale ma si continuo certo un brivido mi percosse la schiena continuai ad andare avanti, ormai ero quasi arrivato tre quattro chilometri dal mare difronte avevo la stazione di Metaponto, a sinistra la strada per andare verso il mare. All’ incrocio una figura che sembrava un’ombra che diventava sempre più consistente nell’avvicinarmi una figura biancastra in piedi. Erano ormai le tre di notte, sempre in un silenzio quasi tombale. Più mi avvicinavo, più l’immagine diventava consistente e solida e le mie paure iniziavano ad andare a mille. E bene, vi sono delle cose di cui non ti da’ nessuna paura, non ti da’ nessuna preoccupazione, le cose logiche, posti logici e nei tempi logici.

Se tu incontri all’uscita di scuola i ragazzi che escono da scuola, è normale ci sono i ragazzi che escono da scuola. Eh! se tu incontri all’incrocio un vigile urbano che controlla le macchine, è normale che ci sia un vigile urbano che controlla le macchine. Ma, a quell’ora di notte, una figura di un ragazzino, in piedi, con una strana camicia da notte bianca, un ragazzino, capelli corti, piccolino, con una camicia da notte bianca. All’incrocio non era un qualcosa che poteva esserci, ma era un qualcosa di logico, sfuggiva alla mia logica. In quel momento, cominciai a pensare, un fantasma non può essere, saranno le trabecole, inizio ad avere le trabecole così giovane, ah siamo messi bene!  A quel punto continuavo a pedalare per forza di inerzia, però feci quelle curve che si fanno quando vuoi evitare un ostacolo, girai un po’ a sinistra, mi inclinai con la testa girata nel collo per la paura, ancora questo mi salta addosso.

Poi girò appena appena la testa e la curiosità, la curiosità, la curiosità che ha mandato l’uomo al di là delle colonne d’Ercole, nello spazio. Beh!’ l’uomo in senso lato perché le donne sono più brave. Dico <<ciao>> con un filo di voce, la figura mi risponde con un filo di voce. In quel momento, la curiosità, devo chiedere, i pensieri arrivarono a mille, devo chiedere cosa c’è dall’altra parte. No, non volevo i numeri a lotto, volevo sapere cosa c’è dall’altra parte. Scendo dalla bicicletta, ma era un ragazzino, era un ragazzino che mi spiegò avere litigato con il padre e se n’era scappato voleva tornare dalla mamma. Il papà era uno che aveva una di quelle mancarelle che vendevano le noccioline, era venuto per la festa di San Bernaldino da Siena.

Ed era a Metaponto Scalo, quindi, nel paesello prima della stazione. E il bambino voleva tornare dalla mamma in autostop, a quell’ora di notte. E stava all’angolo per il mare. Eh lasciarlo li a quell’ora era per il ragazzino un bel rischio, un bel rischio. E allora, lo convinco e io a piedi e lui anche, andiamo verso Metaponto Scalo, fino alla bancarella del papà, dove lo lascio lì e gli dico di ritornare tranquillamente a dormire e tanto il papà magari che era ubriaco manco se n’era accorto. E allora, finisce la storia. Angela io ho sempre pensato che gli angeli esistono. Anche tu sei il mio angelo e, probabilmente, operano attraverso noi. In quel momento, io sono stato mezzo di Dio. Un angelo, forse, ma non ero io, eri tu forse che attraverso me facevi quello. Noi siamo solo uno strumento di Dio, Angela. Angela, beh! che ti devo dire, ci vediamo. Ciao.

Tratto da: Onda Lucana® by Vito Coviello

Si ringrazia l’autore per la cortese concessione-Copertina fornita dall’autore.