L’Onore
Tratto da:Onda Lucana by Ivan Larotonda

L’onore, questo sconosciuto, o meglio, tanto regredito nella scala dei valori del mondo occidentale da non ricordarne più il significato, cosicché, se qualcuno osa ripescarlo dai recessi di una coscienza collettiva, (ammesso che ne esista ancora una, forse solo nel cuore di alcuni romantici), viene immediatamente allontanato, scacciato dalla vulgata “politicamente corrente” (non corretta, intendiamoci). Il perché sussista tanta indifferenza se non addirittura acredine nei confronti di questo termine, credo, umilmente, sia da ricercare nel profondo impegno che l’Onore richiede. In una società come la nostra, completamente deresponsabilizzata, dove si matura a cinquant’anni, forse, il mantenimento di uno stile di vita che pone tale grave termine come vincolante, perché comporta l’assunzione di sacrifici non indifferenti, addirittura fino agli estremi della vita, non può essere più accettabile. Per chi intende la vita come eterna movida, che si autocondanna al perpetuo divertimento, e come novelli ignavi rincorre il drink di turno in luogo della bandiera, l’Onore è totalmente incomprensibile; legato com’è al sentimento profondo di identità, al mantenimento, anche combattendo, di tale prerogativa inscindibile dalla natura, soprattutto umana! E se l’Onore è l’usbergo dell’identità, è altrettanto logico dedurre che è stata proprio la progressiva perdita dell’identità a rendere dapprima antiquato, e poi superfluo al punto da espellere questo termine dal nostro comun vivere.
E’ dunque ovvio e obbligatorio, se vogliamo riportare l’Onore in alto nella nostra scala dei valori, restaurare l’identità: Identità nazionale soprattutto. Non si può più sopportare l’umiliazione a cui ci sottopongono i nostri alti rappresentanti quando vanno in giro per moschee o paesi islamici con pezze sulla testa; forse non hanno chiara la fondamentale differenza, insegnata al primo anno di giurisprudenza, tra pubblico e privato? In quel momento tu non rappresenti te stessa ma una nazione sovrana e indipendente! E, possibilmente, si deve richiedere dai nostri, anche se costoro non riconoscono una nazionalità, di parlare la lingua madre nei consessi internazionali, non affaticarsi a storpiare le lingue altrui per esterofilia. Catone il vecchio, recatosi in ambasciata ad Atene, ai presenti riuniti nella Boulè espose interamente in latino i progetti romani per la Grecia. Gli astanti, perplessi, non osarono contraddirlo né tantomeno chiedergli di parlare greco. Eppure la lingua di Omero non era affatto sconosciuta al grande censore, che la conosceva bene. Il punto è che Catone aveva senso dell’Onore, parlava agli amici greci ma nella sua lingua, quella dei suoi padri, imponeva il suo di mondo; da esponente pubblico avrebbe denigrato la sua Repubblica mutando lingua. Che abisso tra noi e quell’eccelso uomo. Noi europei dominati dalla massoneria che impone i progetti Erasmus, nient’altro che la fiera della trasgressione, l’abbruciamento di arboscelli ancora verdi che invece necessitano, proprio in quella fatidica e fragilissima età, di radicarsi nei propri luoghi d’origine, e rivendicare, ebbene sì anche a cazzotti con lo straniero, la propria identità. Lo scontro rafforza se stessi, esistere, vivere e morire per il proprio paese, la propria terra, la propria Nazione, la terra dei padri. Il munus serviano è trascorrere un anno in caserma, all’ombra della bandiera patria.
Il guaio è che parte notevole in questa decadenza senza fine è dovuta alla svirilizzazione della società occidentale. L’Onore e l’Identità infatti sono inscindibili dai valori prettamente virili: fin dall’alba dei tempi è stato il maschio a mantenere il fardello della difesa dei nuclei familiari, cittadini, nazionali. Si diceva un tempo, in caso di pericolo, prima le donne e i bambini! Ecco lo spirito cavalleresco innato nel vir bonus. Oggi la virilità deve essere celata altrimenti è materia da codice penale! Un tempo era la cavalleria il tratto più evidente della virilità. Gli archeologi che hanno scavato al porto di Ercolano sono rimasti sbalorditi a rinvenire gli scheletri dei maschi tutti sulla spiaggia, mentre all’interno dei magazzini portuali c’erano quelli di sole donne con bambini. Gli antichi ercolanesi avevano creduto che al chiuso le loro donne con prole si sarebbero difese meglio dalle piogge piroclastiche. Invece noi trans-europei dobbiamo essere progressisti, non ci soddisfa nessun traguardo. E allora dobbiamo accogliere l’universo mondo, altrimenti siamo tacciati di scarsa umanità, e si sa che anche solo l’accidia nell’accoglienza confina col razzismo; lo ripetono tutti a tutti i livelli pubblici, come rimbambiti: “integrare l’afroasiatico”. Intanto lo stesso concetto di integrazione dello straniero è un termine passivo che indica un percorso che porta all’accettazione della reciprocità di usi e costumi, tra diverse etnie, in uno stesso luogo geografico. E comunque nella storia umana non è mai esistita nessuna società composta da due o più culture: sempre si è vista la prevaricazione di una sulle altre, e non viene definita integrazione ma assimilazione. L’assimilazione avviene al termine di un processo coercitivo che il popolo vincente impone all’etnia perdente, dopo averla sconfitta militarmente o più sovente dopo averla surclassata demograficamente. L’assimilazione è dunque un atto pienamente virile di una civiltà che ha fatto dell’Onore un suo cardine. Il mainstream invece è tutto un florilegio di discorsi in favore della società aperta, della necessità di diluire le nazionalità di tutti in un tutto indistinto. Ma lo imparano già i bimbi delle elementari che le composizioni musicali risultano armoniche solo se le note sono ben distinte una dall’altra: se si accavallano ne esce solo rumore. L’umanità si accorda se ognuno da il suo contributo alla pace restando a crearla a casa sua. Eccitare la gioventù all’esplorazione del mondo è positivo nel momento in cui chi viaggia lo fa per lavoro, anche come turista andrebbe bene, il punto è che forze oscure mirano a fare dell’uomo un perpetuo nomade, senza Patria né Identità. Di conseguenza l’Onore diventa il perfetto sconosciuto; ed è questa sconoscenza ad indurre tante Coronidi europee a invaghirsi per un Oriente che hanno visto solo nelle mille e una notte hollywoodiani. In seguito, saggiata l’amara verità degli afrori locali, del sudiciume distribuito nelle vie sterrate in cui brulicano nugoli di mosche, e soprattutto, nella stragrande maggioranza dei casi, dopo essere state umiliate, pestate, e relegate in esotiche prigioni domestiche, riscoprono le origini andando a piangere nei consolati patri. Non hanno colpa, è la loro società ad aver eliminato l’Onore; e non dico che loro dovere sarebbe stato quello di combattere come le franche in Terrasanta, donando i propri capelli onde farne corde per archi e balliste, esagero, semplicemente si richiede rispetto per chi si è, e da dove si viene! L’Onore: Lucrezia si piantò un pugnale in petto dopo essere stata violata da Tarquinio. Da questo nobile gesto, di purezza morale, suo zio Bruto accese la rivolta che scacciò i sovrani etruschi da Roma. Questi erano gli esempi che rendevano virtuosi i figli di una Nazione. Altro che progetto Erasmus, dove al contrario si schernisce chi non si sia concessa almeno a una quindicina di persone, di ogni razza ovviamente. I ragazzi invece vengono tenuti a bada con l’alcool, che non è più la bevuta che porta alla sana ebrezza tra amici, pausa e distrazione di uno o più gruppi di giovani uomini uniti tra loro per compiere un’impresa, fare qualcosa di grande insieme; la bottiglia degli alcolici oggi, in occidente, è semplicemente l’adattamento per l’età “cresciuta” del ciuccio. Siamo tutti dipendenti di qualcosa, come i cinesi di metà diciannovesimo secolo lo erano dell’oppio che gli inviavano i rapaci inglesi, anche noi oggi siamo dipendenti da forze internazionali che ci stanno distruggendo, e la prima vittima è stato l’Onore, il nostro.
Lo spirito dionisiaco ha ammorbato l’intero continente, ha annullato ogni volontà di combattimento, anche interiore sotto forma di contenzione. Nessuno conosce più se stesso. Apollo s’è rifugiato in Scizia, nome antico della Federazione Russa. Si dice che più buio della mezzanotte non può essere, e l’alba di resurrezione per questo continente tornerà. Credo in Dio Onnipotente, Creatore del Cielo e della terra……
Tratto da:Onda Lucana by Ivan Larotonda