Dunque l’ex sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, imputato di finanziamento illecito al processo Mose, è stato assolto per un capo (finanziamento in bianco), mentre per l’altro (quello in nero) è intervenuta la prescrizione del reato. Se le sentenze non si discutono, l’esito giudiziario rimette però nuovamente e maggiormente in discussione le mosse politiche che i vertici del Pd, veneto e nazionale, fecero nei giorni e nei mesi successivi alla “retata storica” del giugno 2014.

L’immediata reazione dell’allora segretario regionale Roger De Menech agli arresti domiciliari del primo cittadino («Orsoni non è del Pd») fu uno scarico seduta stante. Nei fatti, una condanna preventiva senza appello. Sollecitata, pretesa da Roma (le testimonianze concordano nell’individuare in Luca Lotti l’uomo che diede l’ordine di “fucilare” pubblicamente Orsoni) e accettata di buon grado dagli esecutori locali. Una sommaria presa di distanze che fece il paio con quel «è necessario eliminare i ladri» dell’allora vice segretaria nazionale Debora Serracchiani, preludio di un pressing di cui lei fu principale protagonista per l’abbandono immediato della nave amministrativa veneziana. Regalando così all’opinione pubblica, per contrappasso, proprio la sensazione di una fuga a gambe levate. Proprio come ladri colti in flagrante.

Eravamo all’inizio dell’avventura di Matteo Renzi come presidente del Consiglio. Eravamo nel pieno della sua ascesa: nessuna ombra poteva e doveva offuscare la sua immagine di limpido rottamatore. Innocenti o colpevoli, da Venezia doveva partire un segnale di pulizia totale. E così fu. Non solo. In quei mesi fu feroce l’assalto all’arma bianca dei parvenu renziani nei confronti di chi ha rappresentato per una stagione la dirigenza veneziana del partito e dell’amministrazione comunale. Una sete di vendetta e di conquista di potere consumatasi dietro i paraventi della giustizia e della trasparenza. Una sete ostinata, oltre ogni misura, anche quando la magistratura stabilì che quelle persone non dovessero essere rinviate a giudizio.
Da questa caienna giustizialista dem si salvò solo chi (Giampietro Marchese) scelse di patteggiare, pagando i suoi conti con la giustizia e uscendo così dalla scena politica. Una Caienna autodistruttiva, dalla quale neppure Felice Casson (che pensava di presentarsi alle elezioni amministrative del dopo scandalo Mose incassando il consenso che si deve agli uomini retti e trasparenti) riuscì a salvarsi. Il colpo di grazia, direttamente dal palco del teatro Toniolo di Mestre, lo diede proprio Matteo Renzi con quel suo «A Venezia il PD ha fallito»: una sentenza di condanna definitiva che lasciò a terra lo stesso ex magistrato. Uno spot elettorale al contrario, a totale uso e consumo personale renziano.

L’esatto contrario di quanto, politicamente in modo magistrale, ha fatto il centrodestra, archiviando nel silenzio la vicenda legata all’ex assessore regionale Renato Chisso. Una vicenda che pubblicamente non ha lasciato alcun strascico di guerra intestina. Facendo così apparire quasi come unici o maggiori colpevoli dello scandalo Mose gli uomini del centrosinistra veneziano, malgrado lo strapotere illecito impersonato da Giancarlo Galan. Una scelta politica che alla fine si rivelerà tra quelle cruciali nel determinare l’esito delle elezioni comunali.

Ora che questa pagina si è chiusa risulta ancora più deleteria la caienna dem che si consumò in quei mesi del 2014 ed oltre. Un harakiri che acuì il tramonto di una stagione amministrativa e che nulla ha prodotto in termini di nascita di una nuova classe dirigente. Lasciando sul terreno più macerie che germogli. La giustizia ha fatto dunque il proprio corso. E, nel frattempo, la politica di chi sperava di mietere successo e potere sparando ad alzo zero sulla presunta colpevolezza altrui ha avuto la sua giusta condanna. All’insignificanza e ad un declino che al momento appare irreversibile.

Scritto per Vvox.it http://www.vvox.it/2017/09/15/mose-ricordiamoci-la-caienna-giustizialista-di-renzic-su-orsoni/

via Mose, ricordiamoci la caienna giustizialista di Renzi&C su Orsoni. — Dimensione Mendez