L’ossessione per il fuoco è una di quelle strane manie che caratterizzano una ristretta cerchia di persone affette da patologie comportamentali e mentali. Non se ne conoscono a fondo le cause: la psicologia vede nella piromania o la conseguenza di eventi generalmente traumatici che il soggetto affetto ha vissuto nel suo passato o una predisposizione allo sviluppo di psicopatie varie. Alcuni studiosi hanno addirittura avanzato l’ipotesi che a soffrirne siano soprattutto individui che vivono la propria dimensione sessuale con difficoltà e/o con devianza. Il piromane vive uno stato di euforia ed eccitazione perenni, che soddisfa ed allevia appiccando fuoco ed osservando sciogliersi o incenerirsi ciò che brucia. Talvolta, il solo avere a che fare con materiale incendiario o assistere alle operazioni di spegnimento gli provoca sollievo e appagamento. Il numero elevato di roghi negli ultimi anni ha però indotto gli esperti ad un approccio diverso del problema, nel tentativo di indagare ed individuare altre tipologie di cause in grado di determinare questa mania. È emerso infatti che alcune persone diventano incendiarie non necessariamente per sindromi mentali: terrorismo, ricavo di eventuali profitti, vendetta o vandalismo possono essere le ragioni scatenanti che li muovono verso questo tipo di comportamento dannoso e pericoloso, che stabilisce peraltro, di per sé un reato. In Italia negli ultimi tempi molti sono stati i piromani catturati e condannati penalmente. Soprattutto nei mesi di Luglio e Agosto scorsi, complici il caldo, la siccità e i forti venti, diverse aree boschive sono state devastate dalle fiamme innescate dalla mano dell’uomo: centinaia di pompieri e volontari sono stati impegnati nell’estinzione di fuochi di vaste dimensioni.
Canadair, in azione coadiuvante, sovrastavano i cieli di Toscana, Lazio, Puglia, Campania, Calabria fino giù in Sicilia, dove ettari ed ettari di macchia mediterranea sono andati distrutti, cancellando – tra le tante riserve – anche il famoso sughereto di Angimbè, il più esteso bosco di querce da sughero della parte occidentale dell’isola.Disagi agli automobilisti in transito, ai turisti poi evacuati e agli abitanti delle zone limitrofe, che hanno visto avvolti dalle fiamme i sacrifici di una vita: le case, i propri allevamenti, senza tralasciare il nocumento arrecato all’ambiente ed al paesaggio. Colonne altissime di fumo hanno reso irrespirabile l’aria, procurando malori. Ogni ettaro arso, inoltre, costa alla collettività circa ventimila euro.
I piromani quest’anno sembrano quadruplicati e qualcuno sostiene che scatenare l’inferno in terra sia non solo un modo per appagare le pulsioni malate di qualcuno, ma anche un sistema adottato dalla criminalità per trarre guadagni dalla riforestazione: per quest’ultima, infatti, soprattutto se riguarda i parchi nazionali, la comunità europea prevede lo stanziamento di cospicui fondi che rappresenterebbero un bel bottino da spartirsi.
Tranne per Basilicata e Sardegna, uniche regioni virtuose che possiedono un sistema elaborato dal CNR in grado di monitorare le aree minacciate ed intervenire velocemente, per il resto dello Stivale è pressoché impossibile impedire e prevedere gli incendi: l’estate non è ancora giunta a termine ed il rischio di ulteriori fuochi resta molto alto, soprattutto perché causati dall’uomo e non da eventi naturali. Ultimamente, inoltre, pare quasi che i media incentivino, attraverso la diffusione di queste notizie, lo spirito d’emulazione. Nessuno, in verità, dovrebbe essere così incosciente e sprovveduto da approfittare delle giornate di torrido scirocco per il semplice piacere di dare fuoco: Apollodoro incendiò il tempio di Delfi perché la sua fama potesse rimanere eterna; il califfo Omar arse la biblioteca di Alessandria perché il libro necessario era solo uno, il Corano.
È vero, sono rimasti famosi, ma per essere stati degli imbecilli. Diffidate dall’imitarli, la Natura è un bene prezioso e scherzare col fuoco, da sempre, proverbialmente, non è mai stata una buona idea.
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