Se crolla il Parlamento, crolla la Costituzone

Tratto da:Onda Lucana® by Marco Di Geronimo

Oggi c’è un organo in crisi. E quell’organo è il Parlamento. L’assemblea che dovrebbe rappresentare tutti gli italiani patisce da tempo difficoltà e stanchezza. È sempre più difficile che i cittadini riescano a identificarsi con le due Camere con sede a Roma. Manca il legame che dovrebbe tenere uniti eletti ed elettori.

Di chi è la colpa? A tantissimi si può attribuire la responsabilità. Le leggi elettorali tolgono agli elettori la soddisfazione di scegliere chi mandare a Montecitorio e Palazzo Madama. I regolamenti parlamentari strozzano le iniziative dei singoli e privilegiano quelle del Governo. I partiti sono incapaci di mediare tra società e istituzioni. Il Governo sempre meno percepito come emanazione di un’alchimia politica (e sempre più avvicinato a un imbroglio dell’algebra parlamentare). Infine, i voltagabbana, spesso di convenienza, che quest’epoca sta sfamando a frotte.

Ognuno di questi problemi meriterebbe una trattazione amplissima. E infatti la letteratura scientifica ha alimentato fiumi di inchiostro. Crisi dei partiti, rappresentatività, sistemi elettorali, mandato imperativo, ostruzionismo e statuto dell’opposizione, procedimenti legislativi e qualità delle norme. Da anni ci si arrovella nel tentativo di trovare una soluzione al problema.

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Una qualche risposta bisognerà pur trovarla. Nessuna democrazia può definirsi solida se non ha fiducia nei propri esecutori. In altri termini, i rappresentati devono poter scegliere e controllare i rappresentanti. Non si può archiviare con una smorfia «patrizia» (così direbbe quell’ibrido tra un intellettuale e un comico che è Diego Fusaro) le istanze di democrazia diretta, di vincolo di mandato, di revocabilità degli eletti.

Il vincolo politico che ancorava Palazzo Chigi al Parlamento è oggi molto allentato. La mediazione del Quirinale è da almeno vent’anni sempre più percepita come superflua. Le nascite dei Governi Monti, Letta, Gentiloni e Conte (per limitarci alla storia recentissima) continuano a essere bocconi amarissimi per un popolo “rieducato” al sistema maggioritario. Per anni si è sostenuta la percezione che sia il popolo a scegliere (la sera delle elezioni!) chi lo governerà per cinque anni. E poi quel popolo si è visto – com’era fisiologico che fosse – cambiare le carte in tavola. Ex post.

In un articolo molto interessante di Nicola Dessì si suggerisce di prevedere l’elezione del Presidente del Consiglio da parte del Parlamento. Aggiungerei che Palazzo Chigi stesso potrebbe, autonomamente, anche nominare i ministri. Un’opinione che un tempo condivideva addirittura Giorgio Napolitano. E questo renderebbe molto più chiara la situazione agli occhi dei cittadini. Costringendo i parlamentari ad assumersi le proprie responsabilità.

Se pure una riforma costituzionale del genere andasse in porto (andrebbe cambiato l’articolo 92 della Costituzione), non basterebbe. C’è bisogno di ricostruire anche il rapporto tra eletti ed elettori. E qui serve un sistema elettorale che sappia rappresentare le condizioni del Paese in Parlamento. Non c’è bisogno che sia una fotografia proprio perfetta dei rapporti di forza. Un sistema proporzionale, anche con una leggera leva maggioritaria (vale a dire bipartitica), disinnescherebbe per sempre il meccanismo della dittatura provvisoria. Cioè quell’idea perversa secondo la quale ogni cinque anni si sceglie la minoranza più grossa e le si consegna il Paese chiavi in mano. In dottrina si chiama: «dittatura della maggioranza».

Altrettanto interessante è un articolo di Giacomo Bottos. Nel quale l’autore mette in guardia contro il «feticismo dei partiti tradizionali». Non basta, per combattere il populismo che corrode le istituzioni, rifugiarsi nelle forme-partito novecentesche. Bisogna trovare il modo di far interagire i partiti di oggi con la società di oggi. Qualcosa che va molto al di là della mera struttura associativa. Dar voce al «confuso malessere» di cui parla Bottos è una grande sfida per la politica odierna.

E cosa dire del trasformismo? Frotte di parlamentari che cambiano bandiera da un momento all’altro. Con una facilità incredibile. Da quando alla scissione di Fini si rispose coi responsabili di Berlusconi (come dimenticare il clima da offerta pubblica d’acquisto generato da Berlusconi?) si vive in una specie di «liberi tutti». Il che è ancora più grave in un sistema elettorale così poco legittimante come quello attuale. I deputati e i senatori sono eletti solo e soltanto in quanto in una certa posizione negli elenchi “nascosti” sotto il simbolo di partito. Partito che cambiano con una disinvoltura francamente imbarazzante. Verissimo, il principio di mandato libero è incontestabile. È una grande vittoria democratica, un successo e una garanzia per la coscienza del singolo parlamentare. Ma è accettabile in una fase politica tanto grave?

Infine vanno cambiati i regolamenti parlamentari. Lo spettacolo (becero) di questi giorni ne è la conferma. Non esistono corsie preferenziali adeguate per l’approvazione dei disegni di legge davvero urgenti. Né per quelli che il Governo ritiene indispensabili per la propria azione politica. Al tempo stesso, non esiste davvero una forma di ostruzionismo efficacie per le opposizioni. Che spesso si vedono trasformare l’aula parlamentare in un ufficio passacarte senza poterci far nulla.

Quali strumenti formali possono servire a rendere il Governo capace di governare e l’opposizione capace di opporsi? Altra grande sfida sulla quale il dibattito è ampio ma avaro di risposte. Un problema è evidente, sotto gli occhi di tutti: non si può continuare a botte di questioni di fiducia. Va ripensata una riforma di quell’istituto. Magari anche mettendolo fuori legge.

Dopo una breve analisi a volo d’uccello come questa, si rimane comunque sconfortati. Che fare? La domanda è cruciale. Ne va del futuro della nostra democrazia parlamentare. Se si vuota il Parlamento, si svuota la Costituzione. Il popolo conta in quanto «pesa» all’intero dell’istituzione parlamentare. Ma risolvere i problemi che costringono i suoi oppressori a schiacciarlo (partiti, sistemi elettorali, regolamenti, rapporti col Governo, trasformismo) è un’impresa criptica.

Tratto da:Onda Lucana® by Marco Di Geronimo