Dal Washington Post del 29 agosto:

«Secondo un accordo sostenuto dall’Italia (‘backed by Italy’, sostenuto in senso diretto dall’Italia), il governo di Tripoli ha pagato le milizie che una volta erano coinvolte nel contrabbando di migranti ad impedire agli immigrati di attraversare il Mediterraneo verso l’Europa, una delle ragioni della drastica diminuzione del traffico, secondo milizie e funzionari della sicurezza».

La conferma di quanto riferito ieri da Remocontro, nel riprendere un reportage del Times di Londra da Roma. Meno infiorettata e limitata ai fatti riscontrati, la cronaca del WP.
Manca ad esempio il dettaglio dei 5 milioni di dollari che avrebbe pagato l’Italia, i suoi servizi segreti, per trasformare i trafficanti di esseri umani in neo sceriffi al servizio di chi li paga. Notizia che sarebbe stata smentita da una «Spokeswoman for the Italian intelligence services», che nessuno sapeva neppure che esistesse. Provate a trovare voi un telefono di Aise o Aisi, se ci riuscite. Per il resto, solo ulteriori dettagli rispetto alla cronaca di ieri.

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Ad esempio, la notizia dei soldi italiani arrivati in qualche modo a trafficanti e scafisti per la loro ‘conversione’, hanno creato scontento tra alcune forze di sicurezza libiche e attivisti che si occupano di migranti.  ‘Attenti ad arricchisce le milizie, consentendo loro di acquistare più armi e diventare più potenti’, ammoniscono.
«In the country’s chaos, the militias can at any time go back to trafficking or turn against the government, they say». Nel caos del paese, le milizie possono in qualsiasi momento tornare alla tratta o rivolgersi contro il governo, dicono.
L’accordo continua a cementare il reale potere delle milizie, che dalla caduta di Gadhafi  hanno minato i governi successivi della Libia.

Sorprendente anche il sostegno europeo per l’accordo, scrive il Washington Post. Non solo soldi italiani per convertire i trafficanti.
L’Unione europea ha dato dieci milioni di euro al governo di Sarraj per aiutarlo a fermare i migranti. In primo luogo, i soldi sono destinati a rafforzare la guardia costiera della Libia, rafforzando il confine meridionale e migliorando le condizioni per i migranti nei centri di detenzione. Ma i fondi possono anche essere utilizzati per sviluppare “un’occupazione alternativa per coloro che sono coinvolti nella tratta”.
Ed ecco svelato un altro segreto.

Il calo esponenziale della traversate degli ultimi due mesi: condizioni del mare, forse guardia costiere più attenta, ma soprattutto, ‘trafficanti pentiti’. Pentiti proprio forse no, ma arruolati con altri incarichi. Le due milizie più potenti della città di Sabratha, il maggior punto di partenza dei migranti.
Una conosciuta come ‘Al-Ammu e l’altra come ‘Brigata 48’, milizie o bande armate, se preferite, guidate da due fratelli della grande famiglia al-Dabashi della zona.
“I re del traffico a Sabratha”, vendono definiti.

Bashir Ibrahim, portavoce della milizia al-Ammu, ha affermato che un mese fa le due forze hanno raggiunto un accordo “verbale” con il governo italiano e il governo di Serraj per combattere il traffico. Ha detto che la milizia al-Ammu, composta da circa 400 a 500 combattenti, è affiliata al Ministero della Difesa di Serraj, mentre la Brigata 48 rientra nel ministero dell’Interno. Da allora, le milizie hanno impedito alle imbarcazioni migranti di lasciare le rive intorno a Sabratha e hanno ‘det’, suggerito con forza ai contrabbandieri di cambiare lavoro.
In cambio, le milizie ricevono attrezzature, barche e stipendi, ha detto Ibrahim.

La milizia al-Ammu, ufficialmente chiamata Brigata del martire Anas al-Dabashi, è stata pagata dal 2015 per proteggere il complesso petrolifero Mellitah a ovest di Sabratha, sito congiunto tra Libia e l’italiana Eni. Come vedete, molti conti nazionali così tornano. Più difficile la partita libica. Ibrahim, il portavoce degli ex banditi, ha definito la situazione come una ‘tregua’; tutto dipendente dal continuo flusso di sostegno alla milizia.
«Se il supporto alla brigata di al-Dabashi si ferma, non avrà la capacità di continuare a fare questo lavoro e il traffico tornerà». Più chiaro di così!

Dalle parti di Roma, invece l’ipocrisia insiste. Il ministero degli Esteri italiano ha negato che Roma abbia fatto un accordo e ha detto che “il governo italiano non negozia con i trafficanti”. Tuttavia, osserva l’attenta collega del Washington Post, l’integrazione delle due milizie nelle forze di sicurezza di Sarraj permette all’Italia di far finta di lavorare con le forze del governo riconosciuto e non con milizie o trafficanti.
Gli attivisti di Sabratha, intervistati dall’AP, parlano invece di trattative dirette tra funzionari italiani e leader della milizia. Ognuno scelga a chi credere.

La cronaca del grande quotidiano statunitense si sofferma su dubbi e consensi sollevati da più parti sull’accordo, ricordando anche a noi italiani, spesso disattenti, come il flusso migratorio dall’Africa è stato da sempre un modo della Libia per garantire aiuto da parte dell’Europa. «Until his ouster and death, Gadhafi struck deals with the Europeans for funding to crack down on trafficking». Gheddafi per primo, sino alla sua morte, aveva usato l’arma della repressione del traffico dei clandestini per ottenere aiuti dall’Europa.
Poi qualcheduno ha pensato che fosse utile ai suoi interessi nazionali liberarsi del despota noto, per far affrontare a tutti l’ignoto.

via Soldi italiani a Sarraj, così la Libia ferma i migranti. Paghi Sarraj che paga i trafficanti che ora fermano i migranti, ma per quanto e come? — Brescia Anticapitalista