L’Italia si conferma tra i fanalini di coda su scala europea per investimenti in formazione: il 4% del Pil, sotto di quasi un punto percentuale rispetto alla media della Ue (4,9%) e poco più della metà di quanto investito da Danimarca (7%), Svezia (6,5%) e Belgio (6,4%). I numeri arrivano dagli ultimi dati Eurostat, riferiti al 2015 e calcolati sul totale di risorse destinate al segmento “education” dai governi nel perimetro dell’Unione. Gli stati membri spendono un totale di 716 miliardi di euro sul settore, una quota pari al 4,9% del Pil continentale e la quarta voce di spese dopo protezione sociale (19,2%), salute (7,2%) e servizi pubblici (6,2%). Peggio dell’Italia fanno solo la Romania (3,1%) e l’Irlanda (3,7%), mentre la Germania resta su valori percentuali abbastanza simili (4,3%). La prospettiva, però, diventa un po’ diversa quando si guarda ai valori assoluti: il governo tedesco mette sul piatto quasi il doppio di noi, 127,4 miliardi di euro contro i 65,1 miliardi dell’Italia.
L’italia investe appena lo 0,4% sul 4% di Pil riservato all’istruzione, uno dei valori più bassi dell’Europa a 28.
I flussi migratori in uscita nel nostro Paese sono soprattutto di laureati: su 114mila italiani che si sono trasferiti fuori dalla Penisola nel 2016, si stima che oltre 30mila siano in possesso di un titolo di laurea proprio nelle discipline tecnico-scientifiche.
Fonte: Orizzontescuola.it