Acqua pubblica.
Tratto da:Onda Lucana®by Ivan Larotonda
Cos’accadeva nell’antico Egitto, dico bene quello predinastico, ossia quando i re (noti oramai come faraoni) unificanti del Paese non erano ancora stati “inventati”? Più o meno, e siamo nel 3000 a. C., la situazione era la seguente.
L’agricoltura ha appena avviato la sua rivoluzione; rapidamente si è diffusa la coltivazione dei primi cereali, il farro soprattutto, lungo le sponde degli arcinoti grandi fiumi mediorientali, Tigri ed Eufrate. Nello stesso tempo anche il Nilo ha cominciato ad organizzare i suoi primi campicelli in cui coltivare quella preziosa erba che dava frutti abbondanti, i cereali, e che permetteva così di sfamare gran numero di persone e di conseguenza far aumentare la popolazione!
Da subito questi prischi egizi, che da poco avevano abbandonato caccia e raccolta per darsi alla coltivazione agricola, avevano scoperto che le piene del Nilo si ripetevano ciclicamente, rilasciando una fanghiglia nera e molto fertile. Ciononostante fra i neo-contadini nilotici le cose non erano però delle più idilliache. Spesso infatti alcuni, più furbi o prepotenti dirottavano più acqua per i terreni che si erano ritagliati, diminuendone come logico la portata in altri settori. Immaginiamo le risse e le zappate in faccia che si dovevano tirare fra loro questi nerboruti esseri umani, in preda a furore belluino se qualcuno solo “rifilava” la proprietà del vicino, magari riuscendo a canalizzare per più tempo, dopo la piena stagionale, le acque nei propri terreni, e anche per riempire le cisterne di casa.
Dopo secoli di bastonate e roncolate si arrivò al punto che un gruppo di uomini, indubbiamente più prepotente degli altri, decise di controllare tutte le piene, dando origine così a due grossi centri “proto-nazionali”, uno a sud dell’Egitto e un altro a nord. Ma dopo poco tempo l’intero regime idrico fu controllato da un unico re. Ed è evidente che si giunse a questo perché le piene dell’intero corso del Nilo, dalle cateratte al Mediterraneo, potevano essere regolate al meglio solo in presenza di un’unica entità politica. Così nacque, da quel Menes noto come primo faraone, l’Egitto unito. Ma la popolazione minuta come percepì questo cambiamento epocale? Con il più banale dei ragionamenti: meglio un solo tiranno che una serqua!
E infatti il re, coll’ausilio dei suoi ministri, ripartì il territorio in nomoi, una specie di prefetture organizzate principalmente per ripartire i lotti dei campi, dopo ogni piena, e per lo scavo di quei canali indispensabili con tanto di paratie e anche i primi sistemi di sollevamento, ma anche di prosciugamento, delle acque. I contadini erano felici, per quanto era possibile esserlo, d’altronde andava decisamente meglio rispetto ai tempi predinastici. Ed è grazie a questo dono, chiamato norma, che il tempo trascorreva lento e solenne come le correnti del grande fiume. 12 mesi da 30 giorni, ripartiti in 3 stagioni: Akhit, i quattro mesi dell’inondazione (corrispondenti al periodo agosto-novembre); Perit, i quattro mesi della semina, col clima fresco (periodo novembre-marzo); Shemu, i quattro mesi della raccolta, coincidenti col tempo caldo (aprile-luglio).
E’ del tutto ragionevole riconoscere che la grazia, la distribuzione quanto più equa possibile delle acque, ma anche dei raccolti per chi aveva avuto una resa inferiore alle attese, proveniva dal faraone. A lui offrivano libagioni e sacrifici, perché ritenuto un Dio in terra. E volentieri lavoravano, nei mesi di piena del Nilo, alla costruzione delle piramidi (si trattava in fondo di lavoro pubblico, che tra l’altro era ben retribuito). Le leggendarie “macchine edili” dell’immortalità di tutto un popolo che riconducevano il faraone al Sole, il quale parimenti resuscitava i suoi sudditi.
Perché, ci si chiede, si parla dell’Egitto antico e del regime delle acque? Per raffrontarlo ad oggi dove il potere pubblico demanda a privati, che appaltano ad altri privati, che lasciano a mini aziende la manutenzione del territorio. Risultato: frane e allagamenti. E le recriminazioni sono ancora e sempre le stesse: dov’è lo Stato, i politici, ecc… Già, il punto è questo, in fin dei conti: se bisogna aprire un canale fatto in età napoleonica, per far defluire le acque, cos’ha fatto il potere pubblico con le tasse degli ultimi 6 lustri, oltre a pagare 80 miliardi di interessi annui sui titoli di stato?
Tratto da:Onda Lucana®by Ivan Larotonda
Si ringrazia l’autore per la cortese concessione.
Immagini di copertina tratta da Web.
Riproduzione Riservata.