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Al di la del bene e del male

Tratto da:Onda Lucana by Ivan Larotonda

Il nicciano e deliberato erompere nel mondo degli istinti più arcaici dell’uomo ha prodotto, nell’età moderna, un nuovo paradigma non più fondato su di una morale imposta dalla religione e dallo Stato, anche quando essa andava contro l’stinto naturale delle comunità umane, intese come somma di individui del tutto compartecipi di vizi e virtù. La grandezza del filosofo di Roken consistette nel mostrare al mondo il vero volto dell’umanità che, libera dalle catene della morale si mostrava per quella che era ed è: Egoista e dedita al piacere individuale. Ora, è inutile negarlo, questo radicale giudizio lascia l’amaro in bocca non solo chi scrive, la stessa sensazione di smarrimento e delusione credo sia avvertita anche dal lettore, perché questa è la stessa sensazione che prova uno studentello nel momento in cui viene rimproverato dal maestro, delusione ancor più grande allorquando lo studentello crede di aver adempiuto ai propri compiti nel migliore dei modi, ed invece diviene preda dello sconforto assoluto nel momento in cui scopre che il suo bel compitino è rigato di rosso e blu. Forse è per questo motivo che l’uomo moderno ha espulso Dio dalla sua vita, così non c’è più nessuno a dirgli cosa è bene e male, dove si cela l’errore nei suoi compitini! La realtà vede, storicamente, l’egoismo come inestricabile dalla natura antropologica. Il fatto poi che tale giudizio susciti il risentimento in chi appartiene al genere umano, (esclusi quelli  accecati dall’illuminismo, e lo spiegherò in seguito), è tuttavia incoraggiante; infatti denota l’aspirazione dell’uomo, fin dalla sua creazione, a migliorarsi. A superare il primigenio istinto che porta allo smarrimento, in seguito codificato nel peccato. Nel corso di migliaia di anni l’uomo ha dunque adoperato il migliore degli “addomesticamenti” proprio su se stesso. L’altare e lo scettro hanno reso libero chiunque; persino il più ricco ha subito forti limitazioni all’espletamento della sua prepotenza proprio grazie alle leggi promulgate dalle due forme di governo dell’uomo; la dimensione immanente, propria del corpo, dunque dello Stato, e quella trascendente della religione, lo spirito. Poi il tecnologico mondo occidentale, e Nietzsche fu uno dei migliori analisti dell’uomo europeo alla fine del XIX secolo, aveva riscoperto gli istinti primordiali e s’era invaghito a tal punto dell’età precristiana da rivalutare anche le cose che essa aveva codificato una volta per tutte come non convenzionali. Fino a giungere, ad esempio, alla rivalutazione degli stinti arcaici quali la poligamia, l’eutanasia, l’aborto, l’orgia dei sensi e l’omosessualità; le quali oggigiorno non solo sono accettate ma parossisticamente esaltate e incentivate! Non meraviglia quindi che per il grande filosofo dell’ubermensch: ”L’uomo è difficile da scoprire, ed egli è per se stesso la più difficile delle scoperte”. E comunque l’unica arma a disposizione dell’umanità è dotarsi di regole, imporsi dei limiti, se non proprio di sopprimerli almeno di frenare gli istinti ancestrali. Le leggi sono questo, lo stesso termine indica l’atto del legare, circondare entro un perimetro ideale i comportamenti dell’uomo-cittadino in modo da indicargli chiaramente dei confini insormontabili, superati i quali si commette il crimine: si diventa fuorilegge. La questione fondamentale oggigiorno, una volta scartati gli antichi maestri e le loro regole, è tornata ad essere: dove c’è il giusto e dove l’errore? Il dibattito tra la legittimità della legge umana, nomos, e quella naturale, physis, è in scena in occidente dal V secolo. E qui si può vedere la radice di tutti i problemi che condurranno l’Europa in braccio ai totalitarismi. Se fino all’avvento della filosofia socratica era giudicato come bene assoluto, quindi conforme alla legge naturale, alla physis, qualsiasi norma dell’uomo, in seguito ebbe inizio il processo di relativizzazione. I sofisti greci compresero, anche grazie al rapporto col mondo asiatico dato dalla vicinanza con l’impero persiano, che gli usi e i costumi erano diversissimi, (spesso bizzarri se non addirittura esecrabili, confrontati con quelli delle poleis greche), dunque la legge cominciò a non sembrare più collimabile con quella naturale, in definitiva conforme al creatore del cosmos; bensì si mostrava nient’altro che un affastellamento di pensieri redatti su pietra, metallo o pergamena, tramandati dalle generazioni precedenti, frutto di antichi dibattiti persi tra lo stormir di fronde ed echi rimbalzanti tra le cavee delle assemblee di cittadini: e soprattutto racchiusi in un piccolo spazio geografico. Tanto che prima ancora delle conquiste di Alessandro i greci erano già pronti ad interpretare l’intera umanità e confrontarla con la loro civiltà; e cominciarono a guardare gli altri, gli esterni, non solo tramite il classico epiteto di barbaro, ma anche a dubitare della legittimità del proprio pensiero e dunque delle proprie leggi, tanto che colui che viene indicato come iniziatore del pensiero sofista, Protagora, usava dire che: ”L’uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono, e di quelle che non sono in quanto non sono”. Il filosofo di Abdera aveva indicato nell’uomo l’origine della legge, e solo in lui l’arbitrio di considerare giusto o sbagliato qualsiasi cosa, anche a costo di andare contro l’evidenza data dalla natura. Il suo pensiero rappresenta la radice dell’idealismo, quindi, come ovvio, l’allontanamento dalla natura creazione divina a cui l’uomo deve conformarsi con le sue leggi. Oggigiorno il cerchio pare essersi chiuso in quanto non solo abbiamo fatto, (mi riferisco sempre al mondo occidentale, il più loico fino al suo stesso annientamento) quel che volevamo come fossimo alunni in ricreazione, e questo fin dall’età moderna tramite l’abbandono dell’univocità Dio-natura, di concezione aristotelico-patristica, ma siamo andati oltre stravolgendo la stessa natura della quale pure credevamo di aver scoperto i segreti più intimi; fino al suo atomismo: è così che abbiamo fatto esplodere duemila piccoli soli su questo globo terracqueo, da Hiroshima agli anni ’90. E fu sempre la pretesa di essere misura di ogni cosa a spingere Lutero ad abbandonare la confessione, atto umile, affinché ognuno di noi si elevasse al grado di sacerdote di se stesso, in perfetta scia gnostica, risvegliando la divinità che è in noi. Anche Hitler e i nazisti credevano di essere degli dei sulla terra, e la loro misura furono i 60 milioni di esseri umani trucidati sull’altare della loro norma. Lo stesso dicasi per il giudebolscevismo e l’attuale iper capitalismo internazionale, la loro misura è la fine dell’umanità. Dobbiamo tornare alla misura reale, consegnataci dalla natura, e lasciar perdere quella ideale; l’uomo non può volare da sé, ha bisogno delle macchine per farlo, all’istesso modo non può vivere senza la misura che gli viene consegnata da un’altra entità logica, per davvero superiore, e che un tempo veniva chiamata DIO.

Tratto da:Onda Lucana by Ivan Larotonda