È da pochi giorni terminato il vertice europeo di Bruxelles, il primo al quale per l’Italia ha partecipato il Presidente del Consiglio Conte, e non si può dire che sia stato un incontro di routine. Conte è arrivato alla riunione del Consiglio Europeo con intenzioni apertamente bellicose, e con una priorità fondamentale: portare a casa un accordo sulla questione dei migranti, ovviamente migliorativo dello status quo che vede l’Italia obiettivamente nel ruolo (condiviso con Spagna e Grecia a seconda delle rotte prevalenti) di “cuscinetto d’Europa”, che dovrebbe farsi carico dei soccorsi, dell’accoglienza, dell’identificazione e della successiva gestione degli immigrati sulle rotte del Mediterraneo centrale.
Ora, diciamolo subito e chiaramente: si trattava, e si tratta, di un compito difficilissimo. Non solo per ragioni politiche, o per la nefasta eredità dei governi precedenti, ma perché è la stessa posizione geografica dell’Italia a metterla nella condizione di essere la “frontiera d’Europa” verso l’Africa e il Medio Oriente. Certo, volendo potrebbe essere una ricchezza, ma bisognerebbe saperla valorizzare; invece per subirne gli svantaggi basta semplicemente la geografia della nostra penisola, protesa come un enorme molo nel centro del Mare Nostrum. La somma di questa peculiarità geografica, della nostra fragilità economica e della debolezza cronica della nostra politica internazionale ha fatto e fa sì che la partita da giocare per non diventare una provincia sacrificabile dell’Europa centrale sia in salita, e che le carte che abbiamo in mano siano sfavorevoli anche da un punto di vista giuridico-normativo. Infine, l’aggressività comunicativa del nostro governo, e in particolare di Salvini, non ci ha certo attirato simpatie né ha contribuito a “cucirci intorno” alleanze, tantomeno con Spagna o Malta che sui migranti hanno interessi simili ai nostri.
Ebbene, è a questo tavolo, e con queste carte in mano, che si è accomodato il professor Giuseppe Conte per giocare il suo all-in sulla questione dei migranti. Non che non ci fossero altri argomenti sul tavolo per noi altrettanto importanti; anzi, a mio avviso, gli argomenti economici erano anche più importanti, e forse sarebbe stato anche più facile portare a casa dei risultati su quel fronte. Ma ormai il tema dell’immigrazione è quello su cui il nostro governo ha scelto di giustificare la propria esistenza, e qualunque risultato su un fronte diverso sarebbe stato ben poco spendibile in termini di consenso interno. L’immigrazione, quindi: e sull’immigrazione la delegazione italiana ha “bloccato” il vertice, dichiarando che avrebbe rifiutato di approvare qualsiasi documento finale se non si fosse trovato un accordo sul tema dell’immigrazione. All-in, come dicevo: Conte ha puntato sui migranti tutte le sue fiches. Com’è andata, anche alla luce del documento finale firmato dalle delegazioni dei 28 stati?
A mio avviso, si fa presto a dire cosa l’Italia abbia ottenuto: ha certamente dettato l’agenda del vertice, obbligando tra l’altro tutti a un estenuante negoziato fino all’alba; ha rimarcato la volontà del nostro nuovo governo di “battere i pugni sul tavolo”, come tante volte abbiamo sentito dire; ha fatto in modo che il documento finale includesse alcune dichiarazioni di intenti secondo cui “L’UE resterà al fianco dell’Italia e degli altri Stati membri in prima linea” per “porre fine alle attività dei trafficanti dalla Libia o da altri paesi”, e “accrescerà il suo sostegno” a tutte le azioni che, in Libia e nel Sahel, potranno condurre a limitare le partenze e a rimpatriare “volontariamente” e “umanitariamente” i migranti.
In aggiunta, ed è la principale novità, il documento dichiara che “il Consiglio europeo invita il Consiglio e la Commissione a esaminare rapidamente il concetto di piattaforme di sbarco regionali, in stretta cooperazione con i paesi terzi interessati e con l’UNHCR e l’OIM”. Peccato che non si dica dove dovrebbero essere costituite queste “piattaforme”, chi dovrebbe gestirle, con quali soldi e con quali regole. L’Italia, pare, vorrebbe che si facessero in Africa, ma naturalmente nessuno dei paesi nordafricani è disposto a toglierci le castagne dal fuoco, o almeno non gratis, specie là dove il traffico dei migranti rappresenta una risorsa economica non secondaria.
Questo è tutto, con in più un’impressionante sequela di condizionali e inviti alla buona volontà (nella sezione intitolata “Migrazione” conto sette tra “dovrebbe” e “dovrebbero”). In “compenso”, le pagine sulla migrazione contengono anche un paio di pillole avvelenate per l’Italia:
Coloro che vengono salvati, a norma del diritto internazionale, dovrebbero essere presi in carico sulla base di uno sforzo condiviso e trasferiti in centri sorvegliati istituiti negli Stati membri, unicamente su base volontaria; qui un trattamento rapido e sicuro consentirebbe, con il pieno sostegno dell’UE, di distinguere i migranti irregolari, che saranno rimpatriati, dalle persone bisognose di protezione internazionale, cui si applicherebbe il principio di solidarietà. Tutte le misure nel contesto di questi centri sorvegliati, ricollocazione e reinsediamento compresi, saranno attuate su base volontaria, lasciando impregiudicata la riforma di Dublino.
e qui casca l’asino, anzi, il pollo. Perché in queste poche righe si stabilisce, da un lato, che continua a essere valido il regolamento di Dublino, che sostanzialmente obbliga gli Stati “di primo ingresso” a farsi carico dell’esame delle richieste di accoglienza. Dall’altro, si afferma che tutte “le operazioni di ricollocazione e reinsediamento”saranno attuate su base volontaria, ossia che nessun paese europeo sarà obbligato ad accettare quote di migranti, come invece prevedeva un accordo del 2015. Ecco perché a fine vertice i paesi “di Visegrad” (Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca, Repubblica Slovacca) hanno esultato. È chiaro infatti che nessuno si offrirà per accogliere volontariamente neanche un profugo.
Infine, e questo premeva soprattutto alla cancelliera Merkel, messa sotto pressione dagli “alleati” della CSU bavarese, il testo recita che
Per quanto concerne la situazione all’interno dell’UE, i movimenti secondari di richiedenti asilo tra Stati membri rischiano di compromettere l’integrità del sistema europeo comune di asilo e l’acquis di Schengen. Gli Stati membri dovrebbero adottare tutte le misure legislative e amministrative interne necessarie per contrastare tali movimenti e cooperare strettamente tra di loro a tal fine.
Sulla base di questo impegno, la Merkel avrebbe stretto accordi bilaterali con numerosi paesi europei (ma non con l’Italia) per impedire ai migranti di arrivare in Germania. Se prima o poi i partner europei busseranno alla nostra porta per chiedere il rispetto di questa clausola, l’Italia rischierebbe di dover riaccogliere circa 70.000 migranti spostatisi illegalmente in altri paesi UE.
Insomma, il quadro di sintesi è ahimè chiaro: in cambio di affermazioni astratte e generiche dichiarazioni di intenti (sempre però a carico di altri paesi, come quelli africani), l’Italia ha in realtà registrato un peggioramento concreto della propria posizione, senza neanche potersi, stavolta, dissociare dall’esito di una trattativa che ha fortemente voluto e anzi imposto. Presentarsi isolati a una difficile trattativa e condurla in modo da indispettire tutti gli interlocutori senza avere assi in mano non poteva dare un buon risultato. Al tavolo da poker di Bruxelles, Giuseppe Conte ha puntato forte e non ha portato a casa nulla, se non la propria soddisfazione, vera o di facciata che sia; ma per citare una celebre frase del film Il giocatore, se al tavolo da poker non riesci a individuare chi è il pollo, allora il pollo sei tu.
via Al tavolo di Bruxelles, se non sai chi è il pollo, vuol dire che sei tu… — Hic Rhodus