Democrazia bloccata – (Prima parte).

Tratto da:Onda Lucana® by Angelo Ivan Leone – Docente di storia e filosofia presso Miur

Oggi la Repubblica Italiana commemora l’attentato di via Fani. Sono passati 40 anni da quel 16 marzo del 1978 e purtroppo la verità è ancora lontana dall’essere stata svelata alla pubblica opinione. Si può certamente sostenere che l’attentato e la conseguente uccisione dell’onorevole e presidente della Democrazia Cristina Aldo Moro maturò in un clima tetro del Paese. Erano gli anni di Piombo subitanei alla contestazione giovanile del 1968 che in Francia, dove nacquero in Europa portati dagli studenti americani che contestavano a Berkley e non solo la guerra nel Vietnam, durarono lo spazio di un mese, il famoso maggio francese, mentre da noi segnarono un’intera epoca storica dal 1968 al 1983. Nell’83, infatti, grazie anche e soprattutto all’operato del Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il terrorismo fu definitivamente sconfitto e lo fu ancor prima che militarmente, politicamente.

In Francia durò un mese il delirio contestatore e in Italia quindici anni anche perché loro avevano De Gaulle e noi non avevamo che lui: Aldo Moro con le sue perifrasi, con la sua visione del mondo pessimista e a lunga gittata, a volte anche troppo lunga, ma anche con il suo coraggio e il suo essere uno stratega del “compromesso storico”, stratega di una classe politica che di tattici abbonda altroché, anzi magari lo fossero un po’ meno, ma di strateghi non ne ha punto e questo è uno dei motivi che fanno dell’Italia un Paese bloccato e inchiodato sempre e solo ai suoi eterni e atavici vizi e storture.

Furono quegli anni, degli anni pesanti per il Paese, i famosi e famigerati “anni di piombo” dove si succedettero: attentati, stragi e tentativi di colpi di stato. Per quanto riguarda questi ultimi si va dal tentativo del Piano Solo del generale dell’arma dei Carabinieri De Lorenzo, che già negli anni ’50 e ’60, si era reso responsabile dell’enorme ampliamento dello schedario da parte dei nostri servizi segreti, allora si chiamavano SIFAR, che lui guidava e di cui si intendeva servire per rovesciare l’ordinamento democratico quando questi stessi servizi erano stati ribattezzati SISMI. Naturalmente in molti chiamarono e chiamano ancora questi servizi deviati ma è una tautologia, in quanto, come diceva l’immenso ed immortale Indro Montanelli, i servizi segreti nascono “deviati” altrimenti non si chiamerebbero “segreti” in quanto la loro segretezza sta proprio nel fatto che sono adibiti a fare gli affari sporchi.

Per fare solo un altro esempio di colpo di stato di quegli anni, come non menzionare e ricordare, il tentativo, in questo caso dobbiamo definirlo di conato di colpo di stato, posto in essere dal Principe Nero del terrorismo di destra italiano: il principe Junio Valerio Borghese, ex capo della XMAS che intendeva rovesciare l’ordinamento democratico italiano con il corpo della forestale. Si può certamente sostenere che questi tentativi o conati di tentativi o, meglio ancora, semplici pruriti e appetiti erano anche buffoneschi e maldestri, come in questo ultimo caso, ma si deve necessariamente ricordare che anche il Fascismo fu ad un tempo buffonesco e maldestro, salvo poi rimanere 20 anni a comandare l’Italia.

Per tornare a Moro egli visse questi anni con le sue idee e le sue strategie da straniero in Patria e, ancor di più, in partito. Se nel Paese quelli erano gli anni di piombo, nella politica italiana furono quegli gli anni del centrosinistra dove si attuò per la prima e unica volta, tra le altre cose, un massiccio tentativo di intervento dello stato italiano volto a recuperare il gap esistente dall’Unità d’Italia in poi, e dopo d’allora colpevolmente allargatosi, tanto da essere divenuta vera e propria voragine tra il Sud dell’Italia e il resto del Paese, soprattutto il Nord che è bene ricordarlo l’Italia l’ha fatta.

Ma il centrosinistra con il PSI del vecchio integerrimo lottatore, il compagno Pietro Nenni, stabilmente all’interno del governo Moro non lo vedeva come una fase finale, bensì come uno stato di passaggio verso quello che era il suo disegno strategico ossia il famoso compromesso storico. Questo compromesso presupponeva l’entrata più o meno stabilmente del PCI di Enrico Berlinguer nella stessa maggioranza governativa. Naturalmente a Washington questo compromesso storico era un “horribile dictu” ed è storicamente dimostrata l’inimicizia tra Moro e Henry Kissinger proprio per questa visione che metteva in dubbio, secondo gli americani, la divisione del mondo e, soprattutto, dell’Europa venuta fuori dagli accordi di Yalta in cui l’Italia era e doveva rimanere stabilmente nella sfera d’influenza occidentale. Grazie a Yalta ci si spiega la calma di Togliatti dinanzi ai compagni che volevano scatenare la rivoluzione dopo l’attentato di Pallante nel 1948 e il suo famoso: fermi tutti, e fu quel fermi tutti a risparmiare la guerra civile nel Paese, non la vittoria di Bartali.

Kissinger, per chi non lo conoscesse o se ne fosse dimenticato, era quella personcina a modo, nonché segretario di Stato, che quando in Cile la sinistra era andata democraticamente a governare grazie ad una vittoria alle elezioni non aveva esitato un attimo che fosse uno a scatenare contro Salvador Allende i cani del nazistoide Pinochet, l’11 settembre del 1973 con il colpo di Stato e l’assalto con i carri armati della Moneda il parlamento cileno.

Se in Cile si attuò un colpo di stato e una dittatura brutale e ben definita lo stesso discorso di “contenimento”, per citare un termine proprio della diplomazia americana, non si poteva fare nel centro dell’Europa Occidentale, vale a dire nella nostra sfortunatissima Italia.

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Tratto da:Onda Lucana® by Angelo Ivan Leone – Docente di storia e filosofia presso Miur