Gerardo, il Santo tradizionale – Prima Parte

Tratto da:Onda Lucana by Ivan Larotonda

Un fanciullo scappa di casa e dal suo paesello arroccato sulle granitiche rocce dell’Appennino meridionale Italico. Gerardo Maiella, questo è il suo nome, fino ad allora non aveva dato nessuna mostranza di insubordinazione al mos patriarcale. Aveva ubbidito alle ferree leggi, non scritte, che normavano la comunità del tempo, e di ogni tempo prima di allora. Quando tutti, e senza chiedersi il perché, accettavano un sistema gerarchico composto di livelli familiari e sociali che interagivano in quella che veniva definita società organica; laddove lo spazio spirituale e fisico interagivano senza mai ostacolarsi. A cominciare dall’area geografica ritagliata dal nucleo familiare, che abitava comunissimi alloggi quadrilateri che ripetevano pedissequamente, anche se i contadini ne avevano smarrito il significato originale, il medesimo schema frutto di sapienza ancestrale e che indicava ai popoli a dividere il cielo in templum, ossia nei quattro angoli dei rispettivi punti cardinali e così consacrare la casa, lo spazio degli uomini.

Questo fanciullo però offriva l’impressione d’aver spezzato l’ancestrale schema perché se n’era uscito dall’abitazione e dunque violato il vincolo che lo legava al Pater Familias; in realtà, si apprestava a seguire un iter diverso ma altrettanto tradizionale, sia pur molto meno diffuso. Aveva detto alla madre: “Mamma, perdonami. Vado a farmi Santo!” E perciò, calatosi giù dalla finestra prese a correre e valicare burroni, selve e monti, solo e fin su al passo delle Crocelle, dove il Sole riprende a irrorare, coi suoi biondi raggi, quelle cime appenniniche che spartiscono l’Italia in Adriatica e Tirrenica. Una volta rituffatosi tra le ombrose fronde, e sbucato in quella pianura dominata dal complesso monastico di S. Maria degli Angeli, il fanciullo proseguì oltre fino a giungere a Rionero; in una chiesa dove l’ordine dei redentoristi del grande S. Alfonso Maria dè Liguori aveva preso temporanea dimora. Era questo il tempio sito in Largo Purgatorio, dove avvenivano le sepolture più numerose della cittadina vulturina e dove il giovane Gerardo iniziò il suo cammino spirituale. Superata la montagna fisica, iniziava la sua personale scalata ai cieli.

Gerardo sopportò numerose prove che lo temprarono fino a rendersi simile al Cristo alla colonna. Digiuno, penitenza e mortificazione corporea, quali l’autoflagellazione, divennero il suo quotidiano. La preghiera, incessante, gli faceva superare le veglie notturne fino a quando l’alba portava la prima comunione del giorno. Il Cristo entrava così nel giovane uomo ma gli ricordava, tramite il canto degli uccelli mattutini, che il suo percorso terreno era solo agli inizi: intanto, qualcosa di inaspettato, non comune, si faceva strada in lui. Certo, per Alfonso Maria dè Liguori era norma anche questa, perché tutto sommato lo è, oltreché visto come grazia divina dal resto dei contemporanei. Ma non per noi, malati di progressismo a cui l’illuminismo ha accecato la visione del Cielo sicché, dopo duecento anni di attacchi al metafisico, ci ritroviamo completamente tosati della componente spirituale. E al punto tale da essere ridotti al solo piano materiale  a cui tutt’al più sono concesse “protesi” psichiche, e per questo siamo portati a catalogare tra le agiografie i fenomeni che vado ad esporre: ma vediamone i dettagli.

Accadde che il giovane redentorista Gerardo, a metà dicembre del 1751, venuto a conoscenza del monastero di monache teresiane a Ripacandida decise di recarsi a visitarlo. Giunto a contatto con l’altro gigante della spiritualità vulturina del tempo, suor Maria del Gesù, (al secolo Felicia Araneo, originaria di Pescopagano), Gerardo intraprese con lei un dialogo così fitto da offrire l’impressione che i due si conoscessero da secoli; mentre la sola grata della cella che custodiva la suora divideva i due. Scrisse il padre redentorista Antonio Tannoia, (1727-1808):“Tanto fu il conoscersi quanto comunicarsi i propri sentimenti. Incontrandosi, si vedevano due fuochi di riverbero, che agivano l’un l’altro; e non sembravano che due Serafini”. (Vita del Servo di Dio fratello Gerardo Maiella, laico della congregazione del SS. Redentore A. Tannoia) Ora, i fuochi sono da intendere in senso letterale, ossia tra i due si effondeva della luce! E non è tutto, ancora più sconcertante, ma ripeto, sempre per noi “moderni” senza arte né parte, è il fenomeno che si verifica subito dopo. Unitamente ad altri testimoni oculari, padre Antonio Tannoia afferma quanto segue: “In questo momento, mentre stava fratel Gerardo alle grate colla madre Maria del Gesù, ed essendosi inoltrati in un discorso spirituale e specialmente del gran merito che ha Dio d’essere amato e della sua divina amabilità, trasportato da santo entusiasmo, diede di mano a tre di quei grossi spuntoni di ferro, che sporgono fuori di quelle grate, con impeto e violenza si grande, che arrivò a torcerli come se fossero stati di molle cera”. (ibidem) Nel tentativo di resistere alla levitazione si aggrappava a quei ferri, mentre lo spirito lo innalzava da terra! Tanto clamore suscitò l’incontro tra i due mistici che l’indomani, uno sconcertato Gerardo, finse di essere diventato un pazzo onde far scivolare via da lui ogni minima spinta a riverirlo.

Il punto era però che il pallido e minuto redentorista, dopo anni di rinunce, penitenze e sofferenze, anche autoimposte, aveva raggiunto quel livello che è proprio dei più grandi di ogni tempo. Dei prediletti da Dio.

Tratto da:Onda Lucana by Ivan Larotonda

Si ringrazia l’autore per la cortese concessione. Immagine di copertina tratta da Wikipedia.