Gerardo, il Santo tradizionale – Terza Parte

Tratto da:Onda Lucana by Ivan Larotonda

Sorprendenti le similitudini di Arjuna e Buddha con la vicenda di Gerardo Maiella e di molti mistici che eseguono l’identico copione fisico-psichico-spirituale, tanto che le manifestazioni esteriori, quali la levitazione e il calore che emanano sono banalizzate al punto da essere definite addirittura impure, escrescenze, dai maestri che pure le praticavano. Un giorno Gautama Siddhartha, detto il Buddha, stava in preghiera; di fianco a lui il suo discepolo preferito, Saliputra, seguitava nelle meditazioni. Ad un certo punto Saliputra va in levitazione, e ne resta compiaciuto; il maestro, per nulla turbato o sorpreso, si limita a dire: “scendi prostituta!” Come detto sopra, non dissimile fu l’atteggiamento di S. Gerardo quando si schernì all’indomani della sua levitazione sulla grata di suor Maria del Gesù.

Quanto fosse radicato tale schema per raggiungere l’ascesi, nelle società tradizionali e al punto da richiedere imitazione, ce lo spiega l’antropologo Mario Polia: “Per i romani il mito non è la favoletta che noi crediamo, bensì è la storia esemplare da far incarnare nella storia reale”. I miti sopracitati, tramandati a voce e lettera, sono canti liturgici che indottrinano i popoli. Certo, siamo tentati di relegarli tra le favole, ma non rientrano tra queste; si tratta di eventi reali che richiedono una spiegazione anagogica: in essi Dio entra nel mondo degli uomini. Per coloro che si instradano sulla via della santificazione rappresentano dei veri e propri manuali. I Santi eseguono, salvo con piccole varianti, i medesimi percorsi fisici, psichici e spirituali. Anche S. Gerardo attraversa monti e i fiumi: essenziale è al proposito il passaggio delle acque; attraversarle vuol dire infatti passare oltre anche con la mente e l’anima. Non a caso il battesimo si esegue con acqua, che vuol dire uscita dal peccato originale oltreché, nel corso della vita, continuare a simboleggiare dominio e superamento di se stessi: e questo fin dagli albori dell’umanità.

Gilgamesh; vince il guardiano della montagna e supera l’abisso delle acque dolci pur di raggiungere il suo fedele amico Enkidu, dal quale apprende il destino oltremondano. Mosè supera il mar Rosso, pregando Dio di aprirgli le acque. Ercole, per giungere nel giardino delle esperidi, che è situato su di un isola, deve superare l’Oceano e Giasone, per raggiungere la Colchide e conquistare il vello, sale coi suoi amici eroi a bordo della prima nave mai costruita. Come gli altri, tutti superano le acque e in tutte e tre le dimensioni proprie dell’uomo; fisica, psichica e spirituale. Resta, nella rivelazione cristiana, il mare come periglio e simbolo di sfida; non a caso uno dei tanti attributi della Vergine Maria è anche Stella Maris poiché inviata dalla pietà Celeste come aiuto nel superamento delle onde, mosse dalle tempeste che la vita ci riserva. Difatti al mare risulta associato il pomo, che ritroviamo nell’Eden come frutto della conoscenza e del destino escatologico.

La morte, nelle tradizioni indoeuropee, si accompagna inesorabilmente alla mele. Avalon dei celti, che è ovviamente un isola dell’Occidente, ha nella radice del suo nome la mela; apfel per i germani, afal per i gallesi e avel per i bretoni. Ma Avalon indica la sede dell’altro mondo, tanto da restare nel termine avello che indica per l’appunto il sepolcro. Da questo abisso emergono però le figure vincenti che fondano le civiltà: Romolo e Remo sono salvati, come Mosè, Sigfrido e Perseo, dalle acque; e ovviamente, tra i “domatori dei flutti” rientrano anche i santi taumaturghi. Al proposito il nostro Gerardo supera il male sotto le sembianze delle acque in almeno due circostanze.

Una prima volta quando ricevette la missione, dal suo superiore Carmine Fiocchi, di recarsi a Melfi dal Vescovo Teodoro Basta. Pur trovandosi a Lacedonia e all’imbrunire di una giornata uggiosa che minacciava tempesta, Gerardo si avvia a dorso del cavallo del convento, conscio di dover superare anche due di fiumi, l’Osento e L’Ofanto; e intanto iniziava a piovere copiosamente. Sulla via del ritorno, in mezzo ai copiosi scrosci d’acqua, e quando ormai era s’era fatta notte fonda sull’Ofanto, gli si palesò dinanzi il demonio, ad impedirgli di superare l’impetuoso fiume. Lui lo vinse col semplice segno della croce, obbligandolo poi, in nome della S.S. Trinità, nientemeno che a reggergli le briglie del suo cavallo e obbligarlo a fargli strada!

La seconda prova a cui Gerardo è sottoposto, per mezzo delle acque, accade a Napoli, in località Pietra del Pesce, in riva al mare. In quest’occasione il nostro santo osserva una folla che in preda al terrore urla impotente in direzione di alcuni mariani che cercano di raggiungere la riva. Costoro paiono ormai spacciati, in preda alla tempesta e sul punto di restare seppelliti dalle onde. Gerardo, senza scomporsi più di tanto, si fa largo tra quella gente e, segnatosi con la croce, entra in acqua e comincia a passeggiare sul mare come se stesse sulla terra ferma! Giunto presso gli sparuti marinai afferra la barca con “due ditelle” (così racconterà ai confratelli) e la trascina a riva. Il vangelo è così ripetuto non solo sulla sua persona ma anche nelle azioni compiute dal Cristo!

Il passaggio delle acque lo fortifica e gli permette di continuare la sua missione raccordandosi, al contempo e ancora una volta, con la tradizione e i suoi schemi preparati dall’Onnipotente per la salvezza degli uomini. Il regno della morte è perciò sconfitto ancora una volta!

Ancora Nick Allen ci dice che: “Il termine Calvario ha coperto fenomeni che vanno dalla mortificazione autoimposta della carne per fini spirituali alla malattia e all’afflizione imposte dall’esterno. La “salvezza” è variata in modo simile. Da un lato della scala della spiritualità ha coperto le condizioni psichiche più o meno ineffabili del nirvana e del kaivalya, dall’altro il mondano recupero della salute o la fuga dal naufragio; raggiungere il cielo o l’aldilà.”

 A questo punto però i contemporanei si chiedono come mai queste manifestazioni originate dal praticare tapas, così frequenti dagli albori dell’umanità a circa 200 anni or sono, oggi siano completamente scomparse. Intanto leviamoci quest’eurocentrismo dalla mente, perché la spiritualità è ovunque diffusa tra le società tradizionali. E’ nell’Europa occidentale, ormai privata di tutto, in cui nulla trova posto fuori del guadagno materiale. Eppure, nonostante il secolarismo imperante, abbiamo avuto la grazia di un gigante come S. Pio da Pietrelcina, che di questi “poteri”, frutto di intensa attività penitenziale, ne manifestava in abbondanza e qualità tali da provocare la intellighenzia illuministica.

La quale ha cercato di smantellare, in tutti i modi possibili, quel soprannaturale tanto temuto perché in grado di mandare in crisi i “valori” materialistici delle repubbliche massoniche e laiche. Per cui è diventato obbligatorio, a queste latitudini,  deridere, o relegare a falsità agiografiche: un S. Filippo Neri in levitazione dinanzi al tabernacolo del S.S. Sacramento; un S. Giuseppe da Copertino in volo fin sul pulpito e lo stesso S. Alfonso Maria dé Liguori che, almeno in un’occasione, andò in bilocazione o quando restò, come riescono a fare ancora oggi alcuni mistici indù, fermo come morto, seduto in poltrona per due giorni. E ancora Teresa Newman che per 36 anni si nutrì di sola Eucaristia! E tanti altri Santi che, come Caterina e Tommaso d’Aquino, erano in grado di levitare. Tutti accomunati anche dalle stesse esperienze fisico-psichico-spirituali. L’abbandono di casa, il viaggio, il superamento di monti, fiumi e mari, la mortificazione corporea, la lotta con le forze del male e con la morte.

Una spiegazione plausibile al raffreddamento spirituale europeo, quando non addirittura il suo annichilimento, potrebbe risiedere in una involuzione dell’umanità. In senso chiaramente anti darwiniano, Julius Evola scrisse di percorsi di tipo circolare in luogo della linearità e dunque, in accordo con identiche teorie delle cinque età di Esiodo e i quattro yuga dell’induismo, il filosofo tradizionalista riconobbe alle civiltà antiche, greca, romana, indiano-vedica e buddista, una più elevata dimensione metafisica e spirituale dell’esistenza, (purtroppo per lui non riuscì a comprendere che la Verità era giunta con il Cristo).

La naturale decadenza delle società è da Evola ritenuta direttamente proporzionale all’aumento del progresso e della modernità. In definitiva, ad avvelenare l’Europa e il Nord America fu la rivoluzione francese, dissolutrice dell’etica millenaria e a cui fece seguito l’industrializzazione che ha generato sì benessere diffuso, ma ha reso l’uomo schiavo della materia e di beni di consumo prodotti ben oltre quanto serve per sostentarsi. D’altronde l’ascesi è più praticabile in chi è allenato alla parsimonia da una vita, com’era nelle società tradizionali in cui vissero la loro esperienza terrena il Cristo, i suoi apostoli e tutti i santi.

In definitiva, non siamo in presenza di fenomeni di tipo magico, o di poteri modellati sugli eroi di Marvel, (purtroppo la nostra epoca concepisce solo questo). I Vangeli santificano, è fondamentale seguirne i precetti: in quelle buone novelle è descritto come Gesù abbia operato e superato tutti i miracoli precedenti e successivi, perché è Dio sceso in terra, al cui cospetto anche Cronos piega il ginocchio. Nel corso dei secoli che precedettero l’Avvento, l’Onnipotente ha ammaestrato le genti seminando parti di verità in tutte le tradizioni religiose pre-cristiane!

Giustino, filosofo del secondo secolo, fu tra i primi a comprenderlo, ma  dopo un lungo e travagliato percorso alla ricerca della verità, fatto di studi in tutte le scuole filosofiche del mondo antico, dai pitagorici al platonismo, arrestandosi solo dinanzi al grande mistero del Nazareno. Fu così, seguendo il telos, il fine, che Giustino si convertì al Cristianesimo. Furono i semina verbi a spiegare i miracoli di Buddha, Zarathustra e degli eroi ariani cantati negli inni vedici. E ovviamente, in Occidente, le grandi tradizioni filosofiche: per Giustino, Platone e Socrate sono come profeti perché ammaestrano all’avvento della verità! La grazia che si effonde dal Dio unico e pervade chi ne è degno. La santità è premio, un’emanazione della incommensurabile bontà divina, utile a insegnare agli uomini che non vivranno di solo pane e che il destino ultimo deve trascendere noi stessi. I santi stanno in Paradiso ed attendono noi, se ne saremo degni.    

Tratto da:Onda Lucana by Ivan Larotonda

Si ringrazia l’autore per la cortese concessione. Immagine di copertina tratta da Web.