L’ASSOCIAZIONE CIECHI, IPOVEDENTI ED INVALIDI LUCANI ACIIL ONLUS
PUBBLICA I RACCONTI DEL PICCOLO OSPEDALE DEI BIMBI DI VITO COVIELLO

QUARTA DI COPERTINA

“I racconti del piccolo ospedale dei bimbi” è una raccolta di racconti, favolette
e storie, alcune delle quali legate ai ricordi dell’autore stesso, di quando egli
da bambino era stato ricoverato in un ospedale.
Questa raccolta di racconti, favolette e storie vuole essere, senza alcuna
pretesa, un regalo che l’autore vuol fare a tutti i bambini che sono e saranno
ricoverati per varie problematiche in un qualsiasi ospedale del mondo.
Lui stesso torna bambino trai i bambini: Vito, il bambino ricoverato in ospedale
con tutti i suoi sogni, le sue fantasie, le sue paure, le sue speranze di bambino
trai bambini.

L’autore cerca di regalare un sorriso, una speranza, una carezza a tutti quei
bambini che lui stesso sente come amici e fratelli e di cui, tanti di questi, lo
sentono come amico, infatti, quando nel piccolo ospedale i bambini ascoltano
le storie di Vito lo chiamano fratellino e gli chiedono espressamente di
raccontare altre favolette che, un po’ per volta, e senza alcuna pretesa,
l’autore Vito Coviello, ha creato espressamente per loro e per tutti i bambini
del mondo.

L’autore Vito Coviello ha voluto regalare questo libro, come anche altri, nei
vari ospedali del mondo perché per lui il sorriso di un bambino vale più di
mille premi. L’autore, oggi, anziano e non vedente, è tornato bambino tra i
bambini e con loro pieno di curiosità, di voglia di vivere, di fratellanza, di
allegria e di voglia di sorridere nonostante le problematiche che anche da
bambino si possono incontrare nella vita.

Coviello Vito Antonio Ariadono è nato ad Avigliano il 4 novembre 1954, è
residente a Matera dalla nascita dove si è felicemente sposato ed ha una
figlia.
Ha già pubblicato “Sentieri dell’anima”, libro premiato nell’ottobre del 2017
per il concorso internazionale Vittorio Rossi a Gaeta, ha pubblicato anche
“Dialoghi con l’angelo”, “Donne nel buio”, “Sofia raggio di sole” e ultimo ma
non per importanza “Il treno: racconti e poesie”.

NOTA DELL’AUTORE

Ogni riferimento a fatti, cose, luoghi o persone sono puramente casuali.

DEDICA

Dedicato a tutti i bambini del mondo.
Dedicato a tutti quei bambini che per varie ragioni vengono ricoverati nei vari
reparti degli ospedali. Dedicato al mio fratellino Gabriele, volato in cielo troppo presto quando io avevo appena compiuto quattro anni. Dedicato a quel bambino che diceva e mi sentiva come un fratellino, volato in cielo troppo presto quando io avevo compiuto 64 anni. Dedicato a tutti i bambini a cui sono piaciute le mie favole e che ancora me le richiedono e con i quali, io stesso anziano, non vedente, sono tornato bambino tra i bambini, bambino in mezzo a loro. Anche io ricoverato come loro all’età di sette anni. Dedicato a voi cari bambini.

RECENSIONE

di Giulia Bartolini, poetessa e scrittrice
Caro vito, le tue sono sempre parole di pace e di grande speranza per
tutti noi. Leggere i tuoi libri e questo in particolare, i tuoi racconti,
mi ha commosso e donato gioia in un mondo che di gioia ne ha poca.
Ho letto questi tuoi scritti animati da una scintilla di fede e di fiducia
nel domani che in altri scrittori non ho mai trovato. Leggere queste tue
parole e racconti è per me sempre un grande insegnamento e spero che tutti
soprattutto i bambini ai quali hai dedicato questa bellissima opera.
Grazie Vito di entrare in punta di piedi nei nostri cuori riempiendoli
della luce delle stelle.

UCCIO ZITA E CICCILLO

Si era ricoverato nell’ospedale anche un amico di Vito, un suo caro amico con
cui giocava, Uccio. Abitavano nella stessa città, Vito nella parte alta dei Sassi
di Matera e Uccio nella parte più bassa, in una vecchia casa umida. Uccio viveva con i nonni, il nonno era un ciabattino e sacrestano di una chiesa difronte dove abitava Vito e aveva la sua piccola ciabatteria sotto un arco esterno di quella chiesa. Il nonno di Uccio aveva anche due pecorelle che Uccio portava a pascolare lungo la gravina, a mangiare e a brucare la poca erba che c’era. Uccio e Vito erano amici per la pelle e ne combinavano
delle belle quei due monelli: scappavano per tutti i Sassi, salendo e scendendo di corsa quelle gradinate di pietra, come dei piccoli indiani, correvano, giocavano e andavano anche a cercare i nidi di falchetti. Uccio vivendo in quella casa molto umida si era preso una brutta influenza e lo avevano ricoverato nello stesso ospedale di Vito, nel reparto degli infettivi, a causa della quale non potevano vedersi da vicino ma si parlavano dalle finestre. Vito non era solo ma aveva presentato a Uccio anche i suoi amici Giacomo,
Giovannella e Rocchino. Uccio raccontava le ultime cose che erano successe nella città, le ultime cose che aveva combinato con i suoi amici, degli scherzi fatti in chiesa anche se
non era permesso farli: di nascosto, andavano a suonare le campane e poi
scappavano via ridendo e scherzando. Don Raffaele non si arrabbiava con
quei bambini anzi per lui erano come figli di Dio, infatti, a Vito e ad altri faceva
fare i chierichetti. In particolare, Vito già da piccolo, da quando aveva quattro
anni, faceva il chierichetto con una tunica troppo grande per lui, inciampava
sempre, l’orlo della tunica andava appuntata con una spilla da balia. Durante
una messa, quando c’era il vescovo, Vito portava la croce, si sganciò la spilla
da balia dall’orlo della tunica e cadde e la croce di legno finì in testa al vescovo
che disse “figlio mio, Marcellino pane e vino, ma hai le gambe di ricotta “ e da
quel giorno Vito prese il nome di Marcellino pane e vino, anche se era un
monellino. Uccio era in ospedale per quella brutta influenza, tossiva sempre,
purtroppo non si era fatto il vaccino. Un giorno sentirono all’ingresso dell’ospedale abbaiare forte, erano due cani (immagine presa da internet). Gli uscieri volevano mandarli via. Uccio si affacciò e li riconobbe, erano i suoi cani, due cagnolini bastardini
che guardavano il gregge delle due pecorelle. Uccio li aveva trovati, tenuti e cresciuti, Zita e Ciccillo. Appena li riconobbe, Uccio e Vito li chiamarono dall’alto delle finestre “Ciccillo, Zita“ e i cani felici rispondevano. A quel punto, gli uscieri dell’ospedale e le infermiere capirono che quei due cagnolini avevano fatto tanti chilometri per ritrovare il loro padrone e li lasciarono stare. Per quel Natale, Vito, Uccio e tutti gli altri bambini dalle finestre, di nascosto, lanciavano qualcosa che loro non avevano mangiato per dar da mangiare a quei cagnolini.

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Tratto da: Onda Lucana® by Vito Coviello