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Che Jim Messina – il guru mediatico multimilionario scelto prima da Obama e poi da Renzi per le loro campagne politiche più disastrose e perdenti – abbia colpito ancora? Me lo sono chiesta quando ho visto l’incredibile ultimo logo del Lingotto, la kermesse politica che ha preso il posto della gioconda Leopolda e che dovrebbe servire, nelle intenzioni, a reinverdire i fasti appannati del renzismo e del suo leader. Di fatto, dopo il mitico motto maschilista che descriveva la già citata Leopolda come sicura “Terra di uomini”, adesso è il trolley abbandonato su campo verde, nonché accompagnato da un’altra epica scritta “Tornare a casa per ripartire insieme”, a raccontarci tutto e di più della natura politicamente ipocrita e instrinsecamente artefatta, finanche obsoleta, finta, illusoria (proprio come la ricchezza che procura un lingotto d’oro falso) del renzismo.

Insomma, i casi sono due, o Jim Messina è tornato a battere cassa o il ducetto di Rignano per risparmiare si è servito dei consigli del professionista che a suo tempo ha dato una mano alla ministra Lorenzin con le sue molte opinabili e sconclusionate campagne mediatico-assistenziali! Tutto può essere, così come è vero che se il motto scelto da Renzi per la sua nuova avventura fosse stato “Tornare a casa per restarci”, magari riprendendo ad usare il trolley solo per fare la spesa al supermarkert sotto casa, nessuno avrebbe avuto niente da ridire e sicuramente anche l’ex Premier avrebbe fatto più bella figura. Di certo avrebbe performato meglio di quanto è riuscito a fare nelle scorse ore durante la sua ridicola apparizione al Lingotto per parlare al vento, per ripetere il trito e il contrito, per riproporre il dejà vu, per consolare un ego enorme ancora evidentemente frustrato oltre ogni dire.

Entrando nel merito, e muovendo oltre le considerazioni ironiche che simili “campagne” mal pensate, mal gestite, ma evidentemente anche mal azionate da un mero punto di vista “grafico”, si portano inevitabilmente seco, fa impressione anche la leggerezza cogitativa e riflessiva che sembrerebbe avre fatto da sfondo alla creazione di quest’ultimo motto: “Tornare a casa per ripartire insieme”. Analizzando una simile frase, infatti, non si può non mettere in evidenza una personalizzazione del discorso politico collettivo che fa paura, quasi quanto la stessa paura continuamente evocata da Renzi nel suo discorso. Di fatto l’unico che sarebbe dovuto “tornare a casa” è lui, soltanto lui, perché inserire la sua personalissima vicissitudine politica e umana nel motto di una convention che almeno a parole dovrebbe essere casa di tutti?

In realtà la risposta è semplice: perché il renzismo non è cambiato e non cambierà mai, perché Matteo Renzi non è cambiato e non potrà cambiare mai. Pensare ad un’altra “coincidenza” – come quelle fatte notare ieri sera dal formidabile Maurizio Crozza che dirimeva di familismo e di caso Consip – sarebbe davvero troppo. Sarebbe quasi un’autopresa per il culo, ridondante per giunta, visto che a prenderci per i fondelli da più di tre anni, ci stanno pensando Matteo Renzi, il suo entourage, insieme agli sgherri mediatici e pseudo-politici che ha posizionato in ogni luogo. Perché dunque farci ulteriore male di nostra spontanea volontà? Ah, il masochismo!

Rina Brundu

Tratto da:https://rinabrundu.com/2017/03/11/il-caso-consip-8-sul-motto-del-lingotto-doro-falso-tornare-a-casa-per-restarci-pardon-per-ripartire-insieme-sulla-cultura-politica-egocentrica-e-familista/