Invecchiare attivamente, invecchiare bene, invecchiare con successo si può. E si deve.

Si è tenuto a Melfi (PZ) lo scorso 17 Giugno presso la Sala Congressi-Relais “La Fattoria” un importante congresso medico-scientifico a cura della SIGG (Società Italiana Geriatria e Gerontologia) Puglia e Basilicata e AGE (Associazione Geriatri Extraospedalieri) Puglia coordinato tra gli altri dal dott. Teodosio Cillis sul tema “Invecchiamento attivo e longevità: dalla prevenzione alla cura” che ha visto un consesso di numerosi partecipanti dell’universo medico e non solo provenienti da Bari, Firenze, Foggia, Roma, Modena ed e molti accademici, professionisti e ricercatori lucani.

Il congresso ha affrontato i temi della prevenzione e della cura delle principali patologie correlate all’invecchiamento, interrogandosi sul grande e fondamentale quesito del che cosa si può fare oggi, in termini di progresso scientifico e di consapevolezza sociale e personale per ovviare o alleggerire queste problematiche.

Sempre più vaste sono le aree di interesse afferenti al tema; dunque, gli anziani e le loro malattie (ma anche la loro possibile vitalità) sono sempre più al centro dell’attenzione medico-sociale. Tanto si è fatto ma tanto ancora si deve fare per sfatare luoghi comuni, errori di approccio curativo, analfabetismi funzionali di tipo generale.

Dalla demenza, alle patologie cardiovascolari, dalle malattie dismetaboliche, respiratorie, infettive: certamente l’obbiettivo del convegno è stato un primo punto sui progressi dell’individuazione, cura e trattamento delle patologie cronico-degenerative dell’anziano ma l’obbiettivo cardine è stato anche quello di sensibilizzare e promuovere sempre più la conoscenza e la consapevolezza di un concetto di invecchiamento sano e attivo che miri infine ad evitare quanto più possibile le sofferenze tipiche della terza età.

Dunque, invecchiamento di successo non solo auspicabile ma anche possibile: come? Certamente assumendo tutti, non solo la classe medica, una nuova e maggiore consapevolezza nel delineare il ruolo dell’anziano nella società, facendo del “vecchietto” un protagonista sempre meno marginale del vivere umano: il convegno di Melfi ha infatti sensibilizzato ampiamente, come obbligo sociale e al tempo stesso medico-scientifico- oggettivo, sul fatto che a qualsiasi età è possibile svolgere un ruolo attivo nella società e quindi godere di una migliore qualità di vita. Soprattutto una sfida, questa dell’invecchiare bene, che rispecchia in pieno le ultime definizioni ufficiali dell’OMS del 2002 in cui l’invecchiamento è stato ormai definito come quel “processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita delle persone nella terza fascia d’età”,

Dunque, oggi per raggiungere il soddisfacente obbiettivo sociale di una fetta di società anziana che gode di buona salute, oltre alla ricerca scientifica è fondamentale il grande dialogo tra diversi attori sociali: professionisti della medicina e non solo. Entra in campo così l’essenziale cifra della sensibilizzazione trasversale, dell’interdisciplinarità che deve allargare via via l’interesse per un tema che non può restare solo medico-specialistico ma aderente ad ogni strato sociale forse a partire proprio dagli operatori della comunicazione.

Invecchiare bene è una necessità che si riflette sull’intero apparato sociale: se il processo di invecchiamento della popolazione infatti è ormai un dato consolidato, se le stime indicano che entro il 2050 la popolazione anziana tenderà ad aumentare soprattutto nei paesi industrializzati con un maggior incremento degli ultraottantenni, è proprio questo aumento esponenziale dell’aspettativa di vita che traducendosi di fatto in un aumento delle patologie cronico-degenerative, porterebbe anzitutto ad un aumento della spesa sanitaria (che bisogna a tutti i costi evitare) e poi al problema di un vuoto di conoscenze in questi studi che pure intanto non smettono di procedere nel modo giusto.

Per evitare questo preoccupante gap occorre dunque la formazione continua di tutti gli specialisti- non solo dei geriatri- a trecentosessanta gradi e preferibilmente in team, occorre informazione sociale di tipo trasversale (scuole, enti, oparatori, associazioni, istituzioni) ed infine occorre davvero tanta tanta collaborazione tra ospedali e territori, quei nosocomi chiamati, prima che curare la malattia, a mantenere individualità ed indipendenza del paziente e non a creare una deprimente rete di assistenzialismo che porta a progressiva disabilità. Ospedali dal volto nuovo, luoghi di accoglienza e non ghetti per anziani, punti di vera e propria rigenerazione che – per quanto possibile – ricreino e ricarichino nei nostri nonni quell’energia interna che, se ben coltivata, è ancora in grado di dare tanto al resto della società.

Un concetto principe: l’assistenza medica all’anziano deve essere strutturata come globale e multidisciplinare; dunque, deve essere sempre di tipo scientifico-psicologico-culturale. L’invecchiamento non deve più assumere connotati di negatività ma diventare una nuova fase della vita della persona con inedite possibilità di realizzazione e di autorealizzazione. In questo complesso discorso, il ruolo di coordinamento del geriatra è sempre più imprescindibile nel far capire l’importanza dell’approccio scientifico multidisciplinare nei confronti della terza età, anche sulla scorta della legge-delega per l’anziano varata quest’anno, sull’onda della quale, proprio la SIGG di Firenze – sotto la guida del presidente nazionale Prof. Andrea Ungar intervenuto come ospite di punta del convegno di Melfi – già aveva avviato diversi progetti pilota, come ad esempio quello di cure inedite di rinforzo da associare a quelle classiche, quali la pet therapy, attraverso la collaborazione di un’associazione volontaria per gli animali abbandonati, perché – e questo lo si sa da anni – l’approccio curativo con animali da affezione ha sempre riscosso ottimi risultati nella salute dell’essere umano.

Togliamo gli anziani dai margini, dai loro letti, dall’isolamento delle loro case. Il vecchietto dove lo metto? Al centro della comunità, pieno ancora del suo vigore. Per dare ancora a tutti dosi abbondanti di saggezza e per fare la storia assieme alle nuove generazioni.

Tratto da:Onda Lucana®by Angela De Nicola

Si ringrazia l’autore per la cortese concessione. Immagini di copertina/interne fornite dall’autrice.

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