TRADIZIONI LUCANE CHE RITORNANO.
Tutto il paese partecipava, ognuno con la sua fascina: un quartiere raccoglieva ramaglie, un altro legna tagliata per bene, altri ancora con pezzi di con tronchi per ricavarne “” tizzoni “”da trasportare poi a casa ancora ardenti.
Era come gareggiare tra rioni, prima ancora della corsa dei cavalli.
I bimbetti, i ragazzini, partecipavano a modo loro, a gruppetti di quattro o cinque, si cimentano in tutto, come i grandi, ma con maggiore entusiasmo. Il loro momento magico, era la corsa nei sacchi detti “” di Racana “”, con la sola testa che spuntava.
Ed era spettacolo il loro volto nel mutare atteggiamento, saltavano, correvano, cadevano, si rialzavano e rincorrevano, inseguivano…
I nonni, i fratelli maggiori, il padri li incitavano a squarciagola.
Il premio per questi ragazzini era un rotolo di salsiccia che veniva posto al loro collo.
Nel borgo lucano, nel freddo gennaio, anno dopo anno, in onore di Sant’Antonio, la tradizione si rinnova d nuovo.
LUCANIA CON PALIO E FALÒ
Tratto da:Onda Lucana® by Domenico Friolo
Le ricordo le corse di Sant’Antonio
di cavalli asini e muli
per le accidentate strade di Rotondella
negli anni cinquanta.
Strade strette, con selciato vario,
gradini, scaloni, ripide discese, ardue salite.
Gli equini fremevano, frangendo la biada
tutti ricoperti di orpelli colorati,
campane campanelli e campanacci.
Partivano, facendosi largo con veemenza,
code di volpi e criniera sollevate dal vento
dato dalle velocità delle bestie.
Dominavano i cavalli,
la cui velocità era impressionante
che rendeva pericolosissima la cavalcata:
un tratto già accidentato da se è pericoloso.
I fantini erano eroi di audacia folli,
pazzi, nel fendere la folla schierata
ai bordi delle strade, strette e piene di curve,
ripide salite, discese da paracadutarsi.
Chi vinceva azzardava, attentava alla sua vita
e chi partecipava, sapeva di rischiare
l’osso del collo veramente,
ma anche gli spettatori rischiavano
in quanto si esponevano in modo maldestro
nel tifare per il loro favorito.
In coda, i somari, tentavano
di evitare ai fantini l’ultimo posto,
che era appannaggio dello sfortunato di turno,
al quale non venivano risparmiati
sberleffi colorati e comici
seguite da grandi risate del pubblico.
Durante il percorso
si offriva del vino ai fantini
e quelli degli asini, abboccando
calici in maggior numero,
grazie alla scarsa velocità dei loro quadrupedi,
giungevano al traguardo già sobri è un pò brilli.
Questa era la corsa dei cavalli a Sant’Antonio,
poi è fino a sera, flauti, cupi cupi e organetti,
alimentavano canti e gioie, e balli.
La folla, briosa e lieta, si recava
nel piazzale della chiesa madre,
dove ogni famiglia aveva portato
una fascina di legna da ardere.
Un addetto, con esperienza,
dava fuoco alla massa di fascine,
una fiamella faceva capolino nelle ramaglie…
La gente col fiato sospeso,
cautamente indietreggiava,
Poi esplodevano le fiamme del falò,
le vampe salivano al cielo
seguite da scoppettii, e miriadi di scintille.
La folla applaudiva, gustava il tepore.
il fuoco durava tutta la notte, allegramente
la gente attendeva che tutto il falò,
divenisse brace ardente e come per incanto
ognuno tirava fuori una paletta,
veniva riempita di brace, e ciascuno,
come da tradizione, portava questa brace a casa.
Credendo che la brace, desse protezione
e benedizione alla proprie dimore, alle famiglie.
Finiva così, un giorno pieno e felice,
per il borgo lucano, attraversato
da immacolato senso rurale vero e sano.
Tratto da:Onda Lucana® by Domenico Friolo
Si ringrazia per speciale concessione da parte dell’autore: Domenico Friolo
Foto di copertina/Interna fornita dall’autore.
Tutto il materiale media e il testo non possono essere riprodotti salvo autorizzazione.
L’ha ripubblicato su Pina Chidichimo.
Le tradizioni andrebbero sempre salvate!
Vero!!