di Francesco De Palo
C’è chi barcolla e chi molla. Il problema non è tanto (o solo) se il Presidente della Commissione Europea gradisca più il vino o un buon cherry, ma se sia il caso di farlo sapere anche ad altri convitati e, quindi, al mondo intero.
A barcollare non è solo un individuo in carne ed ossa, ognuno in fondo è libero di fare ciò che preferisce fuori dagli orari di lavoro.
Il punto è relativo alla strategia da seguire, alle nuove rotte, alle tracce da non far perdere per un’identità che ormai non c’è più. Cosa ha da dire Bruxelles su Ceta, Mercosur, dazi e nucleare iraniano? E come lo dice, con autorevoli argomentazioni o sloganeggiando un generico “più Europa per tutti”?
La questione non investe l’euroscetticismo, o il sovranismo, o l’atlantismo. I titoli lasciano il tempo che trovano in questa partita. La strada che ha imboccato questa Ue è senza uscita proprio perchè parte da chi barcolla, e quindi ha imbarcato gente che ha mollato. Per cui tutti affondano.
Un’azienda privata sana e tale nel proprio dna non ha paura della concorrenza, perché stimola a produrre meglio e di più. Il nodo è se la concorrenza sia sleale, se gli slip cinesi venduti a un euro sono figli di sfruttamento della manodopera, di materiali scadenti, o di dinamiche che cozzano con la qualità del made in Italy.
E’lì che un governo (nazionale ed europeo) serio deve non battere i pugni per il gusto di farlo, ma aprire gli occhi e provare a fare delle controproposte, credibili e utili. Il Presidente francese Macron è andato in Cina a concludere l’accordo più vantaggioso di sempre per la fornitura di manzo francese alla Cina. Capito come si fanno gli affari?
E nessuno si sogna di epitetarlo come euroscettico o corsaro. Chi barcolla finisce per fare il gioco di chi molla. Se allora l’europeismo è un valore assoluto allora che ci dica, ad esempio lady Pesc, perché sino ad oggi Roma è stata esclusa dalla partita per laLibia, con Parigi ancora una volta protagonista di uno sgarbo assoluto nei confronti di Roma.
Ci dica il commissario europeo alla pesca perché Bruxelles vuol decidere quante acciughe si dovrebbero pescare in Italia, che del pesce azzurro è la patria. Il rischio? Che i pescatori italiani siano costretti poi a prenderne di meno e quindi doverne importare di più.
Ma è finanziariamente sostenibile, oltre che logico, decidere di importare un qualcosa che si ha già in casa? E’su queste partite che l’Europa sta perdendo la propria battaglia, non solo valoriale e culturale, ma squisitamente economica.
Sembra che a Bruxelles si faccia a gara per fare gli interessi degli altri: per carità, nulla contro la filantropia e la solidarietà. Ma la si pratica verso chi ha bisogno, verso quei bimbi africani che, sottopeso, non hanno la forza di imbarcarsi in un viaggio di una settimana.
Non con assist spudorati e obliqui verso alcuni paesi, mortificando gli interessi degli altri.
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