Il ministro della difesa russo, Sergei Shoigu, ha annunciato che l’operazione militare del suo paese in Siria è “vicina alla sua conclusione”.
Lo Stato islamico, una volta un quasi stato che si estendeva dalla periferia della capitale irachena, Baghdad sino alla città siriana Aleppo, ha perso il controllo di tutte le principali città, tra cui Mosul, in Iraq, e la sua autoproclamata capitale Raqqa, sull’Eufrate in Siria.
Naturalmente, sia Mosul che Raqqa sono state liberate dalle forze armate statunitensi insieme a quelle locali sempre sostenute dagli Stati Uniti, ma le forze russe non hanno nessuna inquietudine ad affibbiarsi il titolo di unico e vero vincitore. E in questo, la Russia ha un punto a suo favore: siccome lo Stato islamico sta perdendo territorio ed è stato degradato a piccolo Stato sharia che si adopera in guerriglie, o ad una organizzazione terroristica jihadista, l’influenza russa in Medio Oriente è aumentata drammaticamente. Shoigu, durante una sua visita di alto profilo in Israele, dove ha incontrato il ministro della difesa Avigdor Lieberman, e il primo ministro, Benjamin Netanyahu, ha dichiarato la vittoria russa in Siria.
Due settimane fa, il monarca regnante dell’Arabia Saudita, il re Salman bin Abdulaziz Al Saud, è stato a Mosca in visita ufficiale statale, dove ha firmato un certo numero di contratti di armi, incluso il possibile acquisto dei missili anti-aerei russi, gli S-400. Il Cremlino ha annunciato che il presidente Vladimir Putin, per un vertice trilaterale Iran-Russia-Azerbaigian, visiterà l’Iran prima della fine dell’anno.
Shoigu è arrivato in Israele con una grande delegazione militare ed è apparso con le uniformi ufficiali delle grandi parate.I più alti ufficiali in grado militare russo, possono portare la loro “speciale” uniforme all’estero solo su ordine specifico del Cremlino – nella maggior parte dei casi questo protocollo è riservato alla visita ad amici e ad alleati molto stretti. Nell’ottobre 2013, durante l’ultima visita di Shoigu alla sede centrale dell’Organizzazione del Trattato del Nord Atlantico (NATO), a Bruxelles, la delegazione militare russa ha indossato indumenti civili. In Israele, Shoigu ha riferito di aver discusso della Siria, dei problemi curdi, della cooperazione militare e del commercio di armi. E, mentre i funzionari israeliani hanno cercato la cooperazione russa per prevenire l’accesso delle forze iraniane nelle basi siriane, perché potrebbero minacciare lo Stato ebraico, Mosca ha continuato ad insistere per poter accedere alle tecnologie avanzate militari israeliane.
Il cavallo di rilancio russo è il velivolo da ricognizione UAV che Israele usa nella campagna siriana, Forpost (Searcher II), progettato e sotto licenza d’uso di Israele. Senza il Forpost, una campagna aerea è meno efficace. Le manovre russe in Medio Oriente hanno posto Mosca nella posizione in cui guadagna miliardi di dollari dalle vendite di armi all’Iran e all’Arabia Saudita, però, poi li spende per comprare l’avanzato know-how israeliano, mentre tutti e tre i paesi ostili l’un l’altro, cercano l’aiuto russo per controllarsi a vicenda. La Russia sembra essersi trasformata in un potente rivenditore di armi in Medio Oriente.
Malgrado la presunta vittoriosa conclusione dell’operazione militare della Russia in Siria, non ci sarà alcun ritiro delle forze dispiegate, secondo il primo vice-presidente del Comitato di difesa del Consiglio federale, Frants Klinstevitch: “Il nuovo anno sarà l’ultimo, durante il quale concluderemo tutto ciò che riguarda la Siria e il terrorismo, ma le nostre basi militari rimarranno e non c’è bisogno di diminuire le forze”.
Parlando la settimana scorsa a San Pietroburgo (14 ottobre), Putin ha salutato i successi della Russia in Siria ed ha invitato la comunità internazionale a mettere insieme un fondo economico per avviare la ricostruzione delle disastrate infrastrutture del paese. La Russia è pronta a partecipare alla ricostruzione della Siria “mediante la firma di contratti reciprocamente vantaggiosi”, secondo i funzionari statali. La maggior parte dei russi, secondo un recente sondaggio, concorda che la Russia debba fornire alla Siria gli aiuti umanitari “dopo la guerra vinta”, ma sono contrari a massicci aiuti materiali. A Mosca si percepisce che, finché Bashar al-Assad rimarrà presidente a Damasco, l’Unione europea si rifiuterà di finanziare la ricostruzione delle infrastrutture siriane e dell’economia.
La rapida distruzione dello stato islamista – costruito dai talebani in Afghanistan – grazie all’invasione guidata dagli Stati Uniti nel 2001, non ha posto fine alla guerra. I talebani si sono raggruppati come un gruppo rivoluzionario terroristico e, in tutto il 2017 non hanno dato nessun segno di “fatica”. Allo stesso modo, anche lo Stato islamico e gli altri gruppi jihadisti non stanno scomparendo definitivamente dalla Siria o dall’Iraq, visto che ci sono milioni di sunniti scontenti che vedono le forze che li “hanno liberati” come infedeli e occupanti. In più, le forze pro-al-Assad, sostenute dalla Russia e dall’Iran, sembrano già oggi troppo piccole per prendere possesso dei territori lasciati liberi dallo Stato islamico e oltretutto abitati da una popolazione ostile.
La forza aerea russa può aver raggiunto una misura di successo militare, ma Mosca non sembra disporre delle risorse per occupare saldamente i territori conquistati o impegnare massicce risorse finanziarie per ricostruire e pacificare, come ha fatto con relativo successo in Cecenia dove ha vinto la guerra nel 2001.
Quando Mosca stava facendo opera di pacificazione in Cecenia, il prezzo del petrolio era in continua crescita e il bilancio russo traboccava di entrate supplementari. Da allora, le forze russe hanno occupato l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia, dopo aver sconfitto la Georgia nel 2008, nonché occupato e annesso la Crimea nel 2014. Mosca ha iniziato un’operazione aperta nel Donbas nel 2014 ed è entrata in Siria nel 2015. Ma il prezzo del petrolio negli ultimi anni è diminuito e continua a rimanere basso.Inoltre, le sanzioni imposte dall’Ovest hanno fatto calare gli investimenti attivi di almeno sette volte, secondo l’ex ministro delle finanze, Alexei Kudrin. Dalla Russia i capitali continuano a fuggire. I redditi delle famiglie, adattati all’inflazione, continuano a diminuire a vista d’occhio, nonostante il continuo ottimismo del governo. L’anno 2017 è il quarto anno consecutivo in cui in Russia i redditi delle famiglie sono discesa. I tentativi di ridurre il disavanzo di bilancio del 2017 sono falliti. Il prezzo del petrolio è aumentato e il bilancio federale nel 2017 ha ricevuto circa 7 miliardi di dollari di reddito supplementare; ma il rublo si è apprezzato un po’ rispetto al dollaro, e questo ha virtualmente cancellato i guadagni aggiuntivi. Inoltre, praticamente tutti gli altri redditi di bilancio sono stati spesi per sovvenzionare l’industria della difesa.
In una recente conferenza a Mosca, il ministro delle finanze Anton Syluanov, ha ricordato che i grossi impegni di difesa, combinati con il calo dei prezzi del petrolio, hanno portato alla dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991 e la Russia attuale sembra avviata sulla stessa strada.
Il Cremlino sta eseguendo un massiccio programma di riarmo militare, stile guerra fredda, che ha avuto inizio dopo la guerra del 2008 con la Georgia, quando il prezzo del petrolio era ben oltre 100 dollari al barile. Mosca sta giocando un gioco globale a somma zero contro gli Stati Uniti in Medio Oriente, in Ucraina e in Europa dell’Est, intraprendendo uno dopo l’altro costosi impegni aperti e impoverendo sempre più le sue già scarse risorse. Questa follia può continuare fino al punto di rottura.
via Siria: la Russia dichiara vittoria — Articles by Gabrielis Bedris