STULITË E PLLATËNIT – Il corredo del costume tradizionale femminile di Plataci
Tratto da:Onda Lucana® by Kosta Costa Bell
All’ingente patrimonio culturale e folkloristico di Plataci appartiene, tra l’altro, anche il costume femminile che ha, in sé, un grande valore socio-antropologico perché rappresenta una importante identificazione con la propria tradizione popolare e rinsalda un forte legame con tutta la diaspora albanese. Esso, inoltre, riesce magicamente a far emergere in chi lo indossa tanti connotati che conferiscono fascino, fierezza, eleganza e anche un pizzico di vanità, aspetti tipici della poliedrica personalità della donna orientale la quale si compiace di trasformarsi in soggetto di ammirazione. Significativo è il momento della vestizione che prevede un interessante e complesso rituale, poiché abbisogna di molti preparativi che ravvivano la circostanza. Questa cerimonia, una volta, veniva accompagnata da canti, molti dei quali erano nuziali, dedicati alla sposa da amiche e parenti che l’aiutavano ad abbigliarsi, giacché la donna, fino alla fine del secolo scorso si sposava con l’abito albanese.
Il corredo del costume arbëresh
Il corredo del costume arbëresh del matrimonio era formato da una camicia bianca (linja), con lo sparato aperto fino alla base dello sterno, ornata da vaporoso merletto; da una gonna rossa col lembo gallonato (coha); da un’ altra gonna più leggera di raso verde, rosso o azzurro e trapuntata in oro con fittissime plissettature che si sovrappone alla coha. C’ era, inoltre, un corpetto (xhipuni) con orlo e maniche ricamate in oro ed un grembiule (vandera) di seta ricamato in oro bianco. Aveva anche un diadema nuziale di seta lavorato in oro e con un nastro o fiocco rosso (keza me çofan e kuq), usato fino all’ultimo periodo bellico (ma, a volte, si usa ancora), e da un velo di tulle mistolino (sqepi mizullin) che copriva tutto il viso della sposa; entrambi si portavano sul capo. Alcune donne, invece, sul capo indossavano il caratteristico fazzoletto di seta con le frange (skamandili mundafsh me thekt).
Il corpetto (xhipuni) era confezionato con un tessuto fine di damasco, lavorato con fili d’oro (llamb’dhori) e drap ricamato ad ornamenti floreali (drapi), con una trina di seta dorata (taluni) e con fasce di gallone dorato (galuni) sul dorso. Per le grandi ricorrenze il corpetto veniva fatto anche in stoffa di velluto (rrob villuti), semplice o ricamata, e con fantasiosi ornamenti i cui colori variavano, come negli odierni costumi, dal viola chiaro al viola scuro, dal blu chiaro a quello scuro. Anche le maniche erano decorate ed i polsini bordati da altro gallone dorato. La lunga camicia bianca di lino (linja), ornata di pizzi (cipaz) e merletti (mbarlleta) che, più di tutto, abbelliva l’abito nuziale, continua a corredare l’odierno costume giornaliero, fino a qualche anno fa ancora indossato da alcune anziane del paese, che è costituito da un fazzoletto bianco (skamandili i bardh), dal corpetto e da una sottana bianca di cotone o di lino con leggere crespe (sutanièli me grispa).
Le donne nubili indossavano solo la sottogonna, mentre quelle sposate si mettevano la gonna rossa plissettata (kamizòlla me grispa), che poteva essere di panno castorino (vest kasturìni) o di lana grezza, leggera o pesante (gùnia), lavorata al telaio, la quale al bordo inferiore aveva una larga trina di seta (taluni) ed una larga balza ricamata a motivo floreale (drapi). Su di essa s’ indossava un’altra gonna di raso in seta, lunga e strombata al fondo (coha), con fitte plissettature bordate e una larga balza di seta ricamata e cucita all’orlo inferiore (taluni). Le calze erano bianche e di cotone con decorazioni (kallcjèt me xhutaz) e le scarpe erano nere (k’pucë t’zeza) col tacco basso (me takunin e ult).
In paese ancora esiste il costume della festa che s’indossa solo in particolari circostanze: nei corte nuziali (una volta anche nei cortei funebri), in qualche vallja popolare (danza tradizionale) o in qualche altra manifestazione culturale. Esso è costituito dalla camicia bianca col merletto (këmisha a bardhë), dal corpetto (xhipuni), dalla gonna (coha) e dal grembiule intagliato o ricamato (vandilja me rr’ndàl o me rikàm).
A completamento del vestiario veniva portato, in testa o sulle spalle, uno scialle (mbulùama), in genere di colore rosso. L’abito, infine, è corredato dalla collana di oro (kullama/sustaz ari), da un medaglione d’oro col laccio nero o col filo d’oro (speraz ari, me kapshùallin, llacin e zi o ari, o mbarlloku) e dagli orecchini pendenti (vath shikuèl).
Tratto da:Onda Lucana® by Kosta Costa Bell
Si ringrazia l’autore per la cortese concessione.Le immagini sono state fornite dall’autore.
L’ha ribloggato su Pina Chidichimo.
Meravigliosi!
Che belle tradizioni <3
Già