Alcuni accenni su un popolo eroico (decima parte)

Tratto da:Onda Lucana by Ivan Larotonda

Siamo alla fine del secolo ventesimo e il presidente Eltsin è sempre più indebolito, anche e forse soprattutto fisicamente oltre che politicamente, ma il punto centrale è che non riesce a liberarsi dalla morsa sempre più stringente che la finanza occidentale, tramite i soliti amici “pseudo-kazari”, esercita su una federazione già mutilata delle immense repubbliche asiatiche. Nel momento peggiore, a cavallo del nuovo millennio, alle forti ingerenze straniere in campo economico, financo dentro lo stesso governo, si uniscono le sommosse mussulmane cecene e daghestane che, come le precedenti, sono sobillate dagli Stati Uniti.

A questo punto accade quello che non si può definire in altro modo che miracolo; Eltsin, come un penitente che in punto di morte si redime dei suoi peccati, chiama al capezzale della moribonda civiltà russa l’unico uomo in grado di salvarla: Vladimir Putin. Investito come un generale dell’antica Roma, dal moribondo imperatore, l’ex colonnello del KGB da inizio all’ambiziosa, per quei tempi, riconquista della sovranità russa. Uno dei primi passi da attuare affinché si riconquisti la libertà consiste nel poter disporre di ricchezze, almeno le proprie!

E il fatto che il neo presidente russo stesse agendo rettamente, dunque per il bene del proprio popolo, lo dimostrarono le subitanee lamentazioni, gli alti lai, provenienti dalle diverse organizzazioni “international”, governative e non, comunque occidentali, ma entrambe dominate dal potere vero, quello occulto. Putin, dando l’avvio alle nazionalizzazioni, ha letteralmente trascinato nel panico la sbavante superclasse mondialista, quella che nei ruggenti, e “arcobalenanti”, anni ’90 prendeva definitivamente il potere in occidente, nonché già concluso i suoi ottimi contratti a spese del popolo russo.

Come primo passo da attuare, in difesa dello spietato regime liberista, questa superclasse non trovò nulla di meglio da fare che dare avvio alla consueta risposta: la demonizzazione del nuovo capo del Cremlino tramite i propri lacchè dell’informazione sparsi per tutto il mondo. Storia trita e ritrita, (l’avevano fatto già con Mussolini quando decise di portare la lira a quota novanta sterline, oppure con Castro quando chiese i soldi dei cubani trafugati da Batista e depositati negli USA), ogni qual volta un capo di Stato ha cercato di svincolarsi dalle catene del mondo liberal capitalista ha subito ogni genere di attacchi.

Ma per ciò che concerne Putin non si trattava di affrontare un isola caraibica o una penisola mediterranea, bensì un quarto delle terre emerse, le cui ricchezze minerarie, sterminate, si accingevano a tornare di proprietà pubblica. Intanto il boicottaggio era agli inizi, innanzitutto con la più classica delle accuse: autoritarismo. C’era ben altro a cui pensare che alle cialtronate pseudo-democratiche, per cui il nuovo governo presieduto da Putin si diede subito da fare per la riconquista dei giacimenti siberiani, troppo velocemente finiti in mani private, straniere!

Nel precedente paragrafo si accennava al fatto che l’azienda di estrazione Yukos era finita per pochi soldi in mano alla potente banca d’affari Menatep; Ma il 25 Ottobre del 2003, all’aeroporto di Tolmachevo, viene arrestato Chodorkovskij, presidente di suddetta banca e azionista di maggioranza della Yukos, l’accusa: frode fiscale, bancarotta fraudolenta, inesecuzione di sentenza di una corte, evasione fiscale e produzione di false documentazioni. Dopo due anni, nel 2005, viene condannato a nove anni di reclusione, poi ridotti a otto, ma la cosa fondamentale da tenere presente non sono le ripercussioni penali di un banchiere di maggioranza della Yukos, ma il fatto che con questa mossa Putin sia riuscito a rinazionalizzare l’intero comparto estrattivo, facendo confluire Yukos nella compagnia di stato Rosneft.

Il bottino del furto del secolo era stato recuperato, i miliardi in dollari provenienti dalle estrazioni furono redistribuire nelle tasche della popolazione russa, rendendo possibile la battaglia per l’incremento demografico (la popolazione russa era calata paurosamente in epoca post sovietica), una battaglia che dura ancora oggi e che vede, dopo 16 anni di presidenza Putin, un significativo incremento, fiducia nell’avvenire della Federazione, finalmente libera dal regime liberal oligarchico. Questa riconquista del gas siberiano, al quale Putin diede seguito estromettendo anche la Royal Dutch Shell dalle estrazioni nella penisola di Sakhalin, facendo rilevare il 50% del pacchetto azionario detenuto dai britannici alla Gazprom, aveva reso palese l’esistenza di un limite alle proprietà dei privati.

Che uno Stato con l’ambizione di continuare a  definirsi tale, (e grazie a Dio in Russia la pensano ancora così), deve porsi come autorità assoluta, supremo arbitro, ente pubblico per eccellenza, (mi verrebbe da dire etico, ma la federazione russa, la sua civiltà tradizionale, possiede in nuce questo patrimonio. Senza scomodare il “divino” Hegel, il quale, anzi, per vederle applicate al “suo” Stato tedesco, dovette attingere dalle distorsioni dell’eredità totalitaria luterana). Soprattutto, questa forza dello Stato deve essere utilizzata quando è in gioco l’interesse vitale della popolazione, in suo favore non contro di essa.

Sembrano cose assurde per chi vive nell’angolo di mondo devastato dall’alta finanza, quello euro-atlantico, e che ha posto come sua guardia armata la NATO, ma tutti devono ammettere l’imparzialità dei dati, della razionalità matematica, oserei dire cartesiana. In quasi un ventennio di rinascita russa, che evidentemente fa rodere i potentati stranieri, (su tutti la Open Society del noto miliardario ungherese-americano, l’ebreo George Soros, che ama organizzare rivoluzioni colorate allo scopo di destrutturare le entità statali, e con la Russia ci ha provato più volte), la Federazione Russa ha accresciuto il suo prodotto interno lordo da 195 miliardi nel 1999 a 2.308 miliardi del 2015; ha fatto scendere l’inflazione dal 36,5%, sempre nel 1999, a 6,5% nel 2015. E ancora; rapportando i due anni, l’ultimo “eltsiniano”, il 1999, e l’ultimo dell’era Putin di cui abbiamo i dati, vediamo crescere la ricchezza pro capite da 1.320 dollari americani a 25.248; le riserve di valuta estera in oro da 12,6 miliardi a 511 miliardi, (espressi sempre in dollari americani) oltre al crollo del debito pubblico dal 78% del PIL al 12%.

Questi i successi dell’”autoritarismo antiliberale” di Putin. Ora, per quale motivo un cittadino russo dovrebbe preferire il caotico mondo capitalistico occidentale ad una persona che ha liberato il suo popolo dal ritorno del potere oligarchico straniero sulla Russia? La storia impartisce lezioni ma ci vogliono ottimi alunni affinché se ne riesca a comprendere il senso profondo. Possiamo dire che l’ex KGB, battezzato di nascosto dall’occhiuto regime ateo e comunista, in questo ha conseguito la migliore delle lauree perché è riuscito a impedire il ripetersi del grande saccheggio neo-bolscevico.

Nell’esaltazione della sua figura politica, tramite i suoi successi veri, concreti, (non i premi Nobel alle intenzioni dati a Obama per il semplice fatto di essere diversamente bianco) non pochi hanno visto in lui il Katehon, letteralmente colui che tiene lontano il male, figura prossima al ritorno del messia, una sorta di anticipatore e servo laico del Cristo, in buona sostanza il nuovo Imperatore romano d’Oriente, lo Csar.

Di tutto questo discorso escatologico molto probabilmente il pragmatico presidente Putin ne sorride, tuttavia non si è lontani dalla verità allorquando si solleva lo sguardo da terra, dalle battaglie economiche e politiche, anche militari, (perché in quelle aree Putin ha dovuto affrontare le ingerenze americane nel Caucaso: dove la costellazione di agenzie dello stato profondo statunitense finanziano e creano in laboratorio i loro mostri stile Frankenstein, tipo Al Qaeda o oggi l’ISIS) e ci si comporta come il Dio bifronte Giano, che dall’alto dell’Aventino vedeva avanti e indietro nel tempo e nello spazio, possiamo osservare nelle opere di questa miracolosa presidenza un segno davvero mistico che si ricollega col tempo passato, in ultima istanza con l’eternità atemporale di Dio e dei suoi vicari terrestri. Il popolo russo ha ricominciato a vedere nella figura di Putin quella dell’antico Zar, un padre; Patronus, che vuol dire protettore e padre della Patria: con titoli simili Orazio salutava Augusto.

Il ringraziamento a Dio onnipotente, che in occidente è completamente ignorato, e quando non lo è viene deriso, in Russia si concretizza tramite chilometriche processioni; come quella avuta recentemente in occasione della “visita” della reliquia di S. Nicola a S. Pietroburgo, città natale del presidente. In tutto ciò ci si chiede: ma allora dove sta il regime migliore, nel caos delle democrazie, che sostituiscono i veri diritti, tipo quello del lavoro, del poter mettere al mondo i figli ecc… con finte conquiste di civiltà come ad esempio le assurdità dei matrimoni e delle adozioni gay, oppure i sessi intercambiabili? Ovvero il migliore dei regimi consiste in quella che viene definita “democratura putiniana”?

In buona sostanza una democrazia con forti limiti per ciò che concerne la creatività privata, che non significa imporre il coprifuoco con le ronde armate in strada, (a questo è ridotto il concetto di Stato per colpa dei pubblicitari Hollywoodiani), ma consiste nel non voler a tutti i costi, ad esempio, pretendere di organizzare sfilate oscene nelle strade, pubbliche! L’inconciliabilità totale tra est e ovest, da cui proviene l’odio assurdo per il Presidente Putin, verte proprio su questo assolutismo dei diritti: quello di marca liberal anglosassone, sempre cangiante e pedissequo delle mode del tempo, e l’assolutismo dei principi eterni, di estrazione romano-bizantina e slavo-cristiana. Da qui procede, come nella migliore delle teorie ipostatiche di stampo plotiniano, la conseguente intolleranza tipicamente gnostica per tutto ciò che non è allineato con la cultura dominante in occidente, ho detto cultura e non popolazione, (come dovrebbe essere in un vero regime democratico, basato quindi sulla maggioranza delle intenzioni dei singoli individui).

La democrazia, o colei che si spaccia come tale, in occidente viene giudicata buona anche se la maggioranza delle persone non concorda con i criteri puramente elitari: nati cioè nei salotti della solita grande finanza transnazionale, criteri che richiedono salari sempre più bassi, precarizzazione del lavoro, perdita delle certezze acquisite nel corso di secoli, se non millenni, quali soprattutto quelli identitari; quali soprattutto quello dello smantellamento delle Nazioni. Questo già preconizzato da Edmond De Rotschild nel 1870: “Il catenaccio da far saltare, attualmente, è la Nazione”. Detto fatto, il gande banchiere, membro di una delle famiglie più potenti del pianeta nonché pianificatrice delle grandi “rivoluzioni” liberal, aveva scritto le direttive.

I governi occidentali, grazie all’invenzione dell’UE, accelerarono i tempi di attuazione e il risultato è sotto gli occhi di tutti. La democrazia consente di ubriacarci fino all’alba, drogarci, scarabocchiare edifici e pelli, sposarci con uno dello stesso sesso, ma vieta categoricamente di rivendicare l’appartenenza ad una comunità avente un solo credo, e non solo quello religioso, anche politico. Hanno strappato letteralmente la terra patria dai piedi dei suoi figli per consegnarla al Mohammed di turno. Ecco il mondo liberal che ce l’ha con Putin perché si è ripreso la penisola di Crimea, russa da tre secoli, come russa è sempre stata l’intera Ucraina! Il totalitarismo democratico è una vera e crudele dittatura, è come la tortura della goccia d’acqua che, pare d’origine cinese, viene stillata su uno stesso punto del corpo della vittima.

Agli inizi sembra innocua, poi, col tempo, goccia dopo goccia il martellante rintocco porta il malcapitato alla pazzia. Ora i media liberal si sono inventati un fantomatico fronte sovranista capeggiato da Putin, per distinguerlo dal disintegrale mondo occidentale; in realtà il solo progetto politico, comunque realizzato, da Vladimir Putin, è rappresentato dal ristabilimento di un equilibrio. La riconquista della sovranità nazionale non fu altro che questo, il ritorno nell’alveo della tradizione, una tradizione mai del tutto cancellata nemmeno sotto il dominio del comunismo; messa in grave pericolo di vita nel momento delle grandi liberalizzazioni eltsiniane.

Nel diritto romano vigeva la regola del mai togliere ma sempre aggiungere. Ogni legge, fin dal tempo delle XII tavole, veniva integrata o accompagnata da norme che si aggiungevano a un corpus iuris civilis sempre più grande man mano che trascorrevano i secoli; questo perché vigeva la regola non scritta del mos, al modo dei padri si diceva, per rispetto dei quali nessuna norma andava abolita, semmai integrata da altre leggi che rendevano più robusta la trama del tessuto giuridico antico. Ora, nella Federazione Russa il mos maiorum è stato, si potrebbe dire romanamente, rispettato in pieno.

Putin, giustamente, durante la parata della vittoria nella grande guerra patriottica, vuole che sfilino nella Piazza Rossa le bandiera con falce e martello perché sotto quei vessilli si è vinta la guerra, ed esse marciano assieme agli stendardi zaristi che sono tornati ad essere quelli ufficiali della Federazione Russa. La furia iconoclasta che domina l’occidente, (terra del vero totalitarismo, quello luterano-calvinista, liberal) cinquant’anni fa ha stravolto il messale cattolico estromettendo il latino come lingua liturgica, oggi abbatte i monumenti di epoca fascista e dice ai bimbi che nonostante abbiano il pisellino non è detto che siano maschi! Tutto questo è bizzarro oltre che pericoloso.

Non ne parliamo poi delle inspiegabili derive dottrinali di Bergoglio e di quei pazzi che in America pretendono di abbattere le statue di Colombo perché, secondo il loro ragionamento contorto, il grande navigatore genovese avrebbe dato inizio alla schiavitù dei neri africani! Putin è visto da molti, in occidente, come un patriota nel vero senso della parola, e dunque ispira stima e emulazione da parte del cosiddetto fronte sovranista europeo, (dell’Europa dei popoli e delle Nazioni non certamente del progetto Erasmus), ma, come già detto, in realtà Putin è non solo un patriota ma soprattutto un uomo della tradizione: del diritto naturale aristotelico, in quanto sostenente l’impossibilità di modificare il mondo secondo i piacimenti del momento. La realtà va soltanto compresa e custodita dalle pericolose devianze che un essere speciale, l’uomo, è in grado di effettuare. Che Federazione russa e il suo eroico popolo siano da ispirazione per la riscossa di tutte le genti europee.

Tratto da:Onda Lucana by Ivan Larotonda

Immagine di copertina e interna tratte da Web.

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