ETERNO FALLIMENTO

Tratto da:Onda Lucana®by Ivan Larotonda

Da 30 anni a questa parte ritorna, più puntuale dell’alternarsi delle stagioni, il consueto tema del Federalismo. Vuoi che si chiami autonomia differenziata, come la monnezza, oppure regionalismo “tota Italia sponte sua” il risultato finale non cambia: il caos.

Quando Almirante, nei primi anni ’70, denunciò in parlamento l’inutilità dell’istituzione delle regioni, fu immancabilmente liquidato con il consueto epiteto: fascista! In realtà il missino metteva in luce un vero e proprio dilemma, oserei dire shakespeariano, riguardo il lasciare in vita le vecchie provincie coi loro prefetti, o le nuove regioni con quel che ne conseguiva, ossia una nuova classe politica a chilometro quasi zero; si direbbe oggi ecosostenibile. Una delle due doveva comunque sparire, ma si scelse la soluzione all’italiana; d’altronde hanno tutti famiglia e allora… si optò per il mantenimento in vita di entrambi i livelli politici. Il punto è che il regionalismo, preconizzazione dell’odierno “pan-sostenibile”, non lo fu per le tasche degli italiani; perché col passare degli anni queste regioni presero ad occuparsi di sempre più cose che lo Stato centrale via via abbandonava. Ciò fece aumentare i costi di gestione della macchina burocratica; e soprattutto, le regioni si resero più fattive all’approvazione delle istanze neoliberiste passate alla storia come privatizzazioni. Alla fine ci siamo trovati, nel pieno dell’epopea progressista-democratica degli anni ’90 (tra l’altro al potere un po’ dappertutto nell’Europa Occidentale e il Nord America), con 20 repubblichette inserite in una Repubblica svuotata di contenuti. Con spese raddoppiate e servizi incartati fra loro.

Non vogliamo addossare la colpa sulle spalle di nessuno, si calmino lorsignori in perenne fregola da linciaggio, il dato di fatto è questo, irriducibile a qualsiasi visione di parte o, detta in modo aulico, ideologica. Il giochetto liberale segue il suo corso puntando alla destrutturazione di ogni sistema, laddove oggi si è arrivati persino a sessi scomponibili e ricomponibili secondo dettami sempre nuovi; purché tutto, ma proprio tutto, resti sotto le voglie del mercato! Il dio mercato. E non c’è bisogno di avere chissà che, come titoli di studio e master a catena, per scoprire che minore è il numero di persone messe ad esercitare un potere, maggiore è la velocità del processo entropico: in pratica, qualsiasi ente deperisce molto prima se è già ridotto di suo. Il nocciolo duro serve ad avere eroi. In politica i duri e puri vanno in galera oppure si ritirano a casa; in passato erano fatti fuori con una celerità inimmaginabile per noi “moderni”, ma almeno erano, nel bene o nel male, sinceri.

All’atto pratico, avere meno parlamentari non si traduce con maggior efficienza, bensì in minore democrazia. E queste voci che mancheranno in favore del cosiddetto pluralismo, saranno ancora meno con l’ultima variante della telenovela autonomista. Ciò perché la irrefrenabile caduta nel ciclo delle privatizzazioni non farà che aumentare l’esodo dalle regioni più povere a quelle già ricche.

Nelle aree depresse resteranno i soliti principini del deserto mentre gli altri a cuccia. Nelle regioni ricche, dove la sovrappopolazione creerà maggior congestione, la rappresentanza popolare risulterà ancor minore. Non vogliamo scomodare il rapporto di una repubblica ideale, tipo l’Atene di Pericle e il suo rapporto di 500 “deputati” (cittadini che frequentavano la Boulè), su totale di 50.000 cittadini, ma la ricreazione di un sistema dove la comunità conti ancora qualcosa. Se in effetti il sistema parlamentarista venuto fuori da un paio di secoli a sta parte si è realizzato liquidando, scientemente, la precedente comunità organica (composta dalle corporazioni delle arti e dei mestieri, a cui si aggiungevano le confraternite), ebbene, deve avere la coerenza di continuare a mantenere l’identica forza e dunque offrire la possibilità a sempre più cittadini di poter partecipare alla vita e crescita della comunità; se non è in grado che si torni all’organicismo medievale!

E’ evidente che, al contrario, i popoli sono ritenuti piuttosto ostativi nel cammino delle magnifiche sorti e progressive. Non si vuole, per ignavia o ignoranza, ammettere che le comunità pre-giacobine erano decisamente più libere: che certamente la stessa libertà era declinata con l’avvento dell’assolutismo nei secoli XVII-XVIII, e che oggi la medesima crisi di rappresentanza attanaglia le società occidentali odierne. Il processo è lo stesso; al comune medievale, con molta rappresentanza del popolo, susseguì il signore, spesso banchiere, che divenne proprietario di quel comune; in pratica se lo comprò, come fecero i Medici a Firenze, per intenderci. Al nascente stato nazionale si sovrappose il re assoluto che stroncò i piccoli feudi, e dunque le autonomie locali.

Il ciclo si ripete oggi con i miliardari della beata superclasse internazionale che giocano a fare i filantropi, nei fatti diventano i proprietari della cosa pubblica. In conclusione; l’autonomia differenziata senza controllo dello Stato rende il locale ancor più esposto alle mire oligarchiche. Identico fenomeno lo ritroviamo certamente anche a monte, ma con l’aggravante che in mancanza di potere pubblico si assiste ad un fenomeno tipo forza centrifuga. Che espone gli stati nazionali alla dissoluzione nell’entità dei non eletti, che chiamano UE, con tutta un’infinità di porte girevoli tra pubblico e privato che la caratterizza.

Tratto da:Onda Lucana®by Ivan Larotonda

Si ringrazia l’autore per la cortese concessione. Immagine di copertina tratta da Web fornita dall’autore.

Riproduzione Riservata.