IO E VOI, SIAMO LA GENTE LUCANA
Tratto da:Onda Lucana® by Domenico Friolo
Preciso di non essere mai stato a Craco, lassù in alto, ma più volte a Peschiera di Craco. Mi duole, non essere ancora salito su, a Craco. Il mio narrare, mi è nell’anima, in quanto da bambino, da dove vivevo, vedevo stagliarsi all’orizzonte Craco, che a sera si illuminava con un bagliore fioco, tremulo, già di per sè, intrigante, poi le luci, nello scorrere del tempo, un pò alla volta svanirono… colti da pietà, furono i luminari del cielo a mostrarlo: con la luna piena di notte, e la luce del sole di giorno . L’ ergersi nell’orizzonte di quel dominante torrione posto sul baratro, portava in mente ammonimenti.
E così Craco divenne il paese fantasma nei racconti della gente lucana, che aggiunsero Craco a fantasie passate di bocca, in bocca, da generazioni in generazioni: Il monachicchio, la strega, la fattucchiera, la maga, l’indovino, il magiaro, Lucifero, l’orco, il diavolo, il lupo mannaro, la civetta e perfino il gatto dai sette spiriti,” entità che abitavano nelle nostre vallii nei boschi, negli incroci, o solo dietro l’angolo, al buio, ma soprattutto nella fervida fantasia lucana. Mi sono sempre chiesto come facevano i nostri avi a descrivere luoghi e posti del territorio in cui non erano mai stati…
La risposta la ebbi durante i miei viaggi in lungo e largo in terra lucana, dove notai che i paesi, nelle ataviche credenze, erano un tutt’uno da Craco a Valsinni, da Colobraro, alla la Rabatana dal melfese al Lagonegrese da Irsina al Pollino, alla Val d’Agri. Non vi dico della forra materana: là, era il vento la voce degli spiriti maligni o dei santi delle piccole caverne che terrorizzavano le genti nella Gravina dove c’era un Santuario che dominava sulla forra e poneva un baluardo contro il maligno insinuatosi nella fantasia materana. Ovunque si dava importanza al demonio, come i numeri 13 o 17, il gatto nero, lo specchio rotto, il richiamo della civetta ed altro come il Venerdì, il malocchio, lo starnuto… Tutti racconti che in determinati circondari, come appunto Craco, si arricchivano di particolari, che io coglievo in paesi, nelle contrade e nelle borgate lucane.
Ho risalito valli, tra sentieri incerti, per fermarmi nei pianori alti e ventilati, per osservare il variabile territorio lucano, sempre affascinante e meraviglioso, eppure per molti aspetti, isolato e anche desertico, nei cui limiti dominavano i calanchi col loro chiarore, continuamente erosi da pioggia e vento, il loro lento sfaldarsi, il loro erodersi fino ai limiti dei pianori abitati. Ne è esempio Montalbano Jonico, come pure i pianori e le alture rotondellesi o vicino le sponde del Sinni, fin quasi nell’antica Favale, dove si credette che un magiaro ” Zi Pepp ” con magie potesse sviluppare o annullare trame sul maligno tradotte in film di successo enorme.
Una menzione a parte, meritano, per l’originalità nelle forme i calachi più vecchi: quelli di Pisticci, di aspetto brullo, in territorio assetato, dove si ergono in forma conica, di aspetto lunare, ben diversi da altri che ricordano lische di pesce. Una volta mi sorprese la pioggia, mentre filmavo con il mio amico Vincenzo Riccio di Potenza. Era una quarantina di anni fà, eravamo in quei calanchi sotto Pisticci dove notai un fatto straordinario: le gocce di pioggia cadendo battevano sui calanchi, ed ogni goccia veniva catturata dalla polvere di terra che ricoprivano i calanchi, gocce che si ingrandivano con la polvere della creta, aumentando di volume e di peso, tanto, che il punto dove erano cadute, non le reggeva più e come palline di acqua e polvere di terra, iniziavano a correre verso il basso lasciando dietro loro, una scia nella polvere di terra nei calanchi.
Le gocce di pioggia, erano miriadi e miriadi erano le scie sulle superficie dei declivi dei calanchi, scie tutte allineate in verticale che davano a queste strutture naturali la caratteristica tipica forma fantasiosa dei calanchi lunari: affascinanti davvero. Quel silenzio, quel vento, quel fruscio di erbe magre e di trilli di cardellini, in Lucania erano dovuque uguali. La Lucania, per questo suo essere, viene cucita sulla pelle dei lucani, ovunque essi si trovino a vivere Non si erri nel definire, di poca lucanità, il lucano lontano che non è più in questa amata terra. Non a caso, io sono un lucano che vive lontano duemila kilometri, eppure sto descrivendo questa terra, ed esserne in grado di fornire, col dire, testimonianze di amore verso la Lucania, tramite cittadine che vanno da Lavello, a Missanello, da Calvello, a Brienza, a Forenza, a Potenza, a Bella, a Fardella, a Rotondella, da Latronico, a Miglionico, a Pomarico, da Pignola, ad Abriola, a Tramutola, da Montescaglioso a Spinoso, da Bernalda a Sasso Castalda, da Ruvo del Monte, a Chiaromonte, da Avigliano a Pescopagano, a Balvano e da tutti gli altri luoghi boscosi tra il materano e il potentino.
Saluto tutti i lucani, sorelle e frat
Si ringrazia :Walter Molfese per il video.
Tratto da:Onda Lucana® by Domenico Friolo
Si ringrazia l’autore per la cortese concessione del testo, della immagine e del video.
L’ha ribloggato su Pina Chidichimo.