Nel dibattito politico, oramai da molto tempo, la questione “migranti” occupa le prime pagine. Le occupa senza soluzione di continuità e le elezioni appena passate hanno acceso ancora di più la discussione attorno a questo tema. Del resto è un tema dirimente nella distinzione fra “populisti” e “responsabili”. Guardando con distacco, senza cioè prendere parte a questa sorta di scontro dialettico, si può notare come da un lato si usi l’emozione della “pancia”, e dall’altro si usi la freddezza dei numeri. Anche nei social, espressioni tipiche come: “non se ne può più, è una vergogna” vengono controbattute con lo snocciolamento dei numeri oggi qualcuno ha postato una tabella nella quale si evince che l’Italia ospita un numero veramente esiguo di rifugiati rispetto agli altri paesi che ne ospitano un gran numero. Ci sono altri argomenti pro e contro, comunque sia sempre caratterizzati da numeri contro pancia. Ora la domanda è: chi ha ragione il numero o la pancia? O meglio, cos’è che rappresenta con maggiore rispondenza la verità, i numeri o la pancia? O forse ci sono due verità entrambe tali?
A seguito di uno degli articoli del buon Nicola Porro, mi è stata suggerita la lettura di un documento nel quale, l’ho già detto, ho trovato più di uno spunto per la discussione di questo tema. Per sfuggire al mio essere logorroico vado al punto, forse quello che più manifesta l’esistenza di due verità, quella dei numeri e quella della percezione.
Il documento del CNR riporta un capitolo intitolato: “LA SEGREGAZIONE RESIDENZIALE DI ALCUNE COLLETTIVITÀ STRANIERE NEL SISTEMA LOCALE DEL LAVORO DI ROMA 2001-2011” nel quale si analizzano varie tipologie di aggregazione geografica della popolazione straniera residente.
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L’idea che la popolazione straniera si “aggrega” o viene in qualche modo “segregata” in ambiti ristretti, legittima l’idea che la percezione dell’incidenza della presenza straniera varia a secondo del luogo nel quale si vive o si frequenta. In soldoni, chi si dovesse trovare a vivere o a frequentare zone affollate da migranti avrebbe una percezione ben di versa da quella che dovrebbe dare la mera percentuale di presenze sull’intero territorio nazionale. Ma non solo, anche la tipologia del migrante e la sua occupazione restituiscono percezioni diverse. Diversa anche è la percezione se la popolazione migrata è in qualche modo occupata oppure no. Vi sono città con percentuali di presenze ben maggiori rispetto ad esempio alla nostra Civitavecchia, ma sono presenze non percepite essendo “occupate” in attività lavorative e/o in formazione ecc.., e non bivaccanti presso stazioni di frontiera, piazze o periferie. 
Credo sia indiscutibile considerare che la percezione sia altrettanto vera di quanto non lo possa essere il numero. A maggior ragione quanto meno il numero è supportato da altri argomenti numerici che l’aiutino nella rappresentazione. Il capitolo che ho citato approfondisce e si occupa della collocazione degli stranieri nei quartieri romani, ma, tornando a bomba, sono numeri complessi, difficili da utilizzare nella ristrettezza della comunicazione social. Si potrebbe dire che nei social la verità dei numeri è “parziale” (non intendo di parte). La verità “percepita”, da chi abita in un luogo o in un altro, invece è quasi una verità “assoluta”, nel senso che quella è vera, toccabile con mano, se ne ha l’esperienza. Ad essa mancano elementi di complemento, non le sono necessari, sta in piedi da sola

Altro tema del documento che, debbo dire, un po’ mi ha colpito. è quello della emigrazione degli italiani avanti negli anni principalmente per ricongiungersi con i figli emigrati e “sistemati” in precedenza. Più che un tema è l’aspetto di un tema. I flussi migratori contemplano spesso il ritorno al paese d’origine, ma accade, da qualche tempo, che i genitori vadano a ricongiungersi ai figli migrati in precedenza. Questa specifica emigrazione, se pur non rilevante numericamente, si somma all’emigrazione dei figli ed alla emigrazione di quote straniere che rientrano nel proprio paese dopo un periodo di lavoro nel nostro. Dunque si può dire che i flussi migratori dal continente africano vanno a bilancio con un flusso di emigrazione di ritorno verso, ad esempio, l’est Europa ecc… Anche in questo caso limitarsi al numero di ingressi non da l’idea corretta poiché non viene completata da altri numeri “interessanti” il tema. La realtà percepita può però essere più “decisa”. Se io non mi fermassi a ragionare dovrei dire che i nostri figli emigrano perché ci sono gli immigrati che vengono a “rubare i posti di lavoro”. E, per esperienza, lo potrei ben dire, e nessuno potrebbe dirmi che non è vero, e non ci sarebbe “numero che tenga”, poiché ne ho conoscenza diretta.
Posso in onestà dire che dei miei tre nipoti e due figli due sono all’estero due lavorano in italia e una quinta passa da uno stage all’altro nella speranza di qualcosa di meno transitorio e precario. Se considerassi questi “numeri della verità” dovrei chiedermi a ragione: “come fa a stare in piedi questo paese?”. I numeri della verità ovvero quelli che rappresentano l’esperienza delle persone, la realtà percepita, sono numeri anch’essi, ma anche loro non sono la verità assoluta, essendo però altrettanto reali.
So bene che ciò che è assolutamente vero per la mia esperienza, e quindi indiscutibile, può non esserlo se allarghiamo la platea. Ciò conferma che la verità non è quasi mai unica ed univoca.

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I numeri dunque la rappresentano, ma lo fanno in modo parziale che certo si può completare con altri numeri, con relazioni fra essi. Quando però li usiamo nella comunicazione ne utilizziamo solo una minima parte, in genere usiamo quei numeri che fanno “colpo” e che “affermano” la nostra tesi o confutano quelle altrui. Le campagne elettorali sono piene di numeri e lo sono anche le rubriche economiche dei TG. Gli andamenti economici correlati a un mese piuttosto che ad un altro fanno capire come i numeri si possano utilizzare per convenienza speculativa piuttosto che per verità. Si può spacciare per crescita un dato valore che tale non apparirebbe se correlato ad altri termini e via dicendo. Ad esempio, si può produrre la crescita del PIL da sola o paragonarla a quella degli altri paesi partner, oppure parlare di occupazione senza qualificarne il tipo. Al netto di speculazione e malafede, non possiamo che ammettere quanto sia pericoloso attribuire qualità di verità ai numeri, tanto più sono incredibili quanto più privi di correlazioni.

A dirla tutta ciò vale anche per concetti che i numeri li sottintendono. “I migranti sono necessari perché ci pagano le pensioni”. E’ una frase tante volte letta e sentita, che esprime una verità netta, che non accetta discussione, ma è priva di correlazioni di informazioni che la facciano comprendere. Ad esempio di quali migranti parliamo? Certamente di quelli inseriti, che lavorano con regolare contratto e che pagano regolari tasse e contributi, e gli altri? Tutti i migranti pagano le tasse? Siamo così bravi di dare lavoro regolare ai migranti che arrivano? Di quali migranti parliamo? Le cronache dicono altro e l’affermazione “i migranti sono necessari perché ci pagano le pensioni” è certamente suffragata dai dati INPS, ma anche l’INPS non tiene in conto tutti quelli che sono fuori dal sistema. Una corretta informazione dovrebbe dire ad esempio quanti migranti provenienti dal continente africano entrati in Italia dal 2010 al 2018 hanno un lavoro a contratto regolare con regolare stipendio e regolari trattenute. Senza contare poi che i nostri figli non possono pagare le pensioni ai padri poiché in quantità emigrati o disoccupati, in molti casi scalzati da manodopera a buon mercato, pare si chiami “social dumping”.

Anche la salute ha i suoi numeri, e noi lo sappiamo. La verità dei numeri ci dice che l’aria della nostra città è pulita e ne dovremmo essere felici, se non fosse che la “verità numerica” di analisi cozza con i “numeri della verità” delle patologie presenti nel territorio. Verità contrastanti eppur vere entrambe

A questo punto qualcuno potrebbe dire che parlare di verità è “ozioso”, “inutile”, “ipocrita” ecc… penso invece che potremmo e dovremmo fare onore alla “verità” semplicemente non dandola per certa e non usandola per le nostre speculazioni. Potremmo addirittura dire, e, volendo esagerare, che la verità che esponiamo è tanto meno credibile quanto più si mostra funzionale al nostro messaggio. Ciò non vuol dire che dovremmo astenerci dal presentare i numeri, ma dovremmo farlo senza assegnar loro valore di verità assoluta, senza usarli come veicolo di messaggio politico. Usiamo i numeri per comprendere meglio ciò che accade non per rappresentare la nostra verità.

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LUCIANO DAMIANI

via LA VERITA’ DEI NUMERI E I NUMERI DELLA VERITA’ — SpazioLiberoBlog