Oggi scorrendo le pagine de Il Fatto Quotidiano ho letto che Claudio Baglioni sarà il nuovo conduttore del Sanremo 2018. A meravigliarmi di più però sono stati i commenti in calce all’articolo (che non ho letto), inneggianti alla scelta della RAI più disgraziata di ogni tempo. Azzo, ho pensato, vuoi vedere che ho cliccato per errore sul sito de L’Avvenire!
Intendiamoci, lungi da me parlare male di Claudio Baglioni. Anche noi critici d’assalto abbiamo i nostri limiti. Puoi criticare Goethe per il suo ostinato considerarsi il “favorito degli dei”, puoi criticare Dante per le prese di posizione politiche molto arcigne, puoi criticare Cervantes per non avere dato un po’ più di furbizia o di coglioni a don Chisciotte, ma davanti ai Baglioni, ai Morandi, alle oriette berti, a tutti gli altri personaggi afflitti dalla sindrome faziana de noartri, ci fermiamo. E ci fermiamo anche perché molti di noi, io per prima, siamo stati adolescenti al tempo in cui Baglioni andava per la maggiore. Tutti noi ci siamo rincoglioniti davanti a motivetti come “Questo piccolo grande amore” o “Strada facendo” (che non era tra le peggiori, bisogna dire), e infatti si vede cosa siamo diventati, cosa siamo diventati noi figli delle baglionate e della Goldrake Generation. Uno di noi, per esempio, è riuscito scaltramente a fare lo sgambetto al suo compagno di partito e a sedersi sullo scranno di Premier senza mai chiedere permesso a nessun italiano, quindi ha viaggiato da Google a Machu Picchu a nostre spese, ha distribuito bonus a destra e a manca, ha contribuito a depauperare le casse dello Stato con il plauso di una Stampa asservita e infine ha letteralmente assoggettato il servizio pubblico che pure produce Sanremo al suo volere (sorvolo sul resto di codesta epica avventura perché ci vorrebbe troppo tempo e per le feste di fine anno vorrei fare altro): che grinta noi “bravi ragazzi” degli anni 80, anche se questo lo diceva solo Luis Miguel, mi pare, e Baglioni si limitava ad essere il poster-boy dell’essere bravo ragazzo, bravissimo in tutto.
Nella Rai più democristiana di sempre (che a confronto quella di Andreotti, Fanfani e compagnia era di tipo revanchista-marxista-leninista-rivoluzionaria), nella RAI zittita e calpestata nellla sua dignità di voce libera di un popolo che dovrebbe essere tecnicamente libero, nella RAI che fa scorta di fazi e allontana le Gabanelli, nella RAI che chiude i programmi “dissenzienti” (da “Scala Mercalli” al “Ballarò” di Giannini), chi poteva dirigere Sanremo: Carlo Conti o Morandi o Baglioni, naturalmente. Dato che i primi due avevano già dato, il primo anche in maniera “poderosa” (ho ancora i brividi addosso, tale è stato l’input didattico che mi ha trasmesso!), la scelta non poteva che cadere su Baglioni. Dato che in trent’anni, e meno che meno negli ultimi tre anni di nefasto governo renzista, ho mai sentito la voce di un Baglioni artista impegnato capace di alzare la voce a difesa della Costituzione del suo paese, non ho motivo di pensare che anche questa nuova esaltante avventura artistica, là dove i De André non avrebbero osato mai, produrrà i suoi risultati, il suo share, le sue riviste patinate, e le infinite trasmissioni scoglionanti a corredo. Naturalmente produrrà anche il nulla artistico e d’intelletto ma queste sono bazzecole, quisquilie, pinzillacchere.
Che poi il dubbio atroce a proposito di questa questione mi ha colto solo ora mentre scrivevo e debbo ammettere che davanti allo stesso tutte le altre considerazioni appena fatte si annullano: cazzo’, ma come è possibile che canzonette apparentemente sciocche e vuote di tutto come “Questo piccolo grande amore” o “Strada facendo”, abbiano prodotto i mostri critici e politici della Goldrake Generation? Misteri!
Rina Brundu