Qatar con il botto!

Tratto da:Onda Lucana®by Ivan Larotonda

Vabbè che siamo a fine anno, ma a Doha, in Qatar, hanno anticipato il capodanno con la finale più pirotecnica della storia della coppa del mondo di calcio.

Rasentato il sublime perdersi negli eccessi dionisiaci di una coppia, Messi-Mbappé, scesa in campo come dinanzi alle mura di Ilio, il vecchio eroe infine ha trionfato suggellando una carriera irripetibile per molti anni, almeno lo immaginiamo.

A meno che il giovane eroe sconfitto, l’Achille-Mbappè di questa variante dell’eterna epica guerriero- sportiva, non sia sulla strada dell’antagonista-antipode Eracle-Messi; e a vedere quanto fatto fino ad ora pare sulla più che rosea strada. I campi elisi sono spianati per lui, ma non quelli laici della sua parigina République, bensì quelli ben più nobili dello spirito e del tempo eterno degli dei agonistici. Unico ambito in cui restano gli eroi, in quest’epoca oramai segnata dalla ragioneria degli stati svenduti alla finanza.

Mbappé ha siglato una tripletta in finale, come Hurst in quella del 1966 con tanto di gol visto solo dalla terna arbitrale. In più è capocannoniere del torneo con 8 gol, uno in più del Giove-Pelé (12-11); il che è tutto dire. 24 anni a breve ed un futuro da realizzare in una società, il Paris S. Germain, che non ha blasone internazionale, compito dunque ben più arduo per il giovine eroe.

Si tende a riservare agli sconfitti più righe di quelle che la gerarchia stabilisce sul campo. Non che esso affascini maggiormente, ma è che quando l’eroe cade dopo aver disputato un vero e proprio combattimento, seppur privo di sangue (e grazie a Dio, dati i tempi tremendi che viviamo), si rendono i giusti onori delle armi. Mbappè ha vinto il duello di reti contro Messi, 3 a 2, e dopo essersi destato da un sonno durato tutto il primo tempo regolamentare. Poi un lento risveglio, mentre intorno a lui infuriava la battaglia; Rabiot giganteggiava a centrocampo evitando l’imbarcata della sua squadra.

Quando le maglie biancocelesti saettavano lungo le fasce, scoccate dal sinistro magico di Messi; e le conclusioni si affastellavano sui taccuini e i fotogrammi: uno-due, Messi-Di Maria, il secondo gol è una lezione d’accademia. Ripartenza da manuale, con Messi che lancia Mac Allister, in modo da tagliar fuori dalla marcatura l’intero comparto difensivo francese; l’ennesima genialata. Ma si è grandi anche diffondendo osmosi ai compagni, per cui la palla, tra i piedi dell’argentino dal nome scoto, viene abilmente e rapidamente trattata per poi essere diretta al sempre libero Di Maria (non è stato mai fermato dal suo marcatore di fascia J. Koundé), che batte con preciso diagonale l’incolpevole Lloris. Un’esecuzione che avrebbe, in condizioni normali, abbattuto una mandria di tori, ma non la Francia che, seppur segna il record negativo nei primi 45 minuti; unica squadra a non concludere mai nel corso della finale, e dobbiamo risalire al 1966 per trovare analogo pessimo risultato, è anche al suo peggior rendimento nel complesso di una fase finale del mondiale. Segno che l’Argentina ha giocato un calcio monumentale!

Il secondo tempo inizia con lo stesso canovaccio fino a quando, inspiegabilmente, il mister Scaloni, dando oramai per spacciati i francesi ritira dal campo di battaglia Angel di Maria, fino ad allora il migliore in campo. Da subito le splendide geometrie disegnate a colpi di tacco, folate e triangolazioni di prima, vengono meno e lo stesso eroe supremo, Lionel, non dialoga con i compagni con l’intensità vista fino ad allora. E quando oramai il dominio territoriale permette agli argentini di togliere i tacchetti per calzare le pantofole con cui chiudere l’incontro ecco che, a 20 minuti dal trionfo entra in scena lui, Kilien Mbappè; una sua sassata termina fuori dallo specchio della porta. E’ il prologo, dopo pochi minuti un suo lancio scatena Kolo Muani che, con un dribbling devastante in area di rigore costringe Otamendi ad atterrarlo. Calcio di Rigore e gol della Francia. Un minuto dopo è lo stesso Messi a perdere la palla, nel tentativo di congelarla per far scorrere i minuti finali, ne mancano una decina, infatti.

Ebbene, se ne giocheranno altri ed altri ancora poiché il dramma sportivo porta il nome di Coman, che riecheggia quello di un guerriero, e in effetti ce ne vuole di coraggio e forza per rubare la sfera a Messi; il gesto del francese, in una finale a pochi minuti dalla sua conclusione, si erge a prometeica azione: ha rubato il fuoco a Giove in quell’istante! Ma Coman non finisce inchiodato sul Caucaso, bensì dialoga con l’eroe Kilian Mbappé ed è questi che, con sforbiciata coraggiosa e disperata che solo il suo non comune intelletto sportivo ha potuto ben indirizzare nell’ultimo angolo libero della porta argentina, piegando al suo volere e per pochi centesimi di secondi quell’istinto guerriero tipico della sua età; la palla si insacca ed il mondo casca addosso a 43 milioni di abitanti della grande penisola sudamericana, e soprattutto al divino Messi. Monta, perciò, l’ira funesta dell’eroe nazionale, alimentata da forza sovrumana tipicamente argentina, che riporta a Kempes e ovviamente al divino Diego: fattosi largo nella difesa bleu, quasi a colpi di daga, Lionel scaglia la sua folgore, ed imprime tale effetto alla palla tanto da mancar poco e beffa l’estremo difensore francese. Lloris, con colpo di reni raddrizza il busto quando però è già in volo; ed è prodigioso il suo intervento che vìola la gravità, nemmeno i corpi sono inchiodati a terra in questa finale. Il Padreterno ha dato anche questa dispensa stasera.

I supplementari rivedono la rabbia agonistica condita dal bel gioco che l’Argentina aveva sciorinato nei primi 45 del tempo regolamentare. L’ingresso di Lautaro Martinez se pur non pareggia in prestazione quella monumentale di Di Maria, riporta comunque l’Argentina nell’area di rigore francofona. Una doppia conclusione: Mac Allister e Montiel, rasenta il nuovo vantaggio albiceleste. Evidentemente dall’Olimpo non avrebbero gradito che questa faccenda la chiudessero altri se non lui, Messi. Ed è una triangolazione sublime con Lautaro Martinez a portare il Rio de la Plata nuovamente a sfociare nel golfo Persico. Ribattuta di Lloris, su primo tiro del Toro (Lautaro Martinez) la palla della gloria finisce tra i piedi di Lionel, cuor di Leone, che la piazzarla oltre la linea di porta. Oramai piangono tutti nello stadio, amici e nemici; i primi per la grandezza del capitano, oramai leggendario, i secondi che si vedono spacciati per la seconda volta.

Ma, si sa, il calcio consuma più inchiostro di Shakespeare, per cui ancora una volta lui, il giovane eroe, risponde al vecchio leone. Entrato in area calcia a giro, a scavalcare i difensori, una palla insidiosissima con traiettoria sul secondo palo; nel tentativo di bloccarlo, Paredes si immola offrendo la schiena al tiro dell’avversario. Sfortunatamente per lui, il gomito troppo esteso finisce per bloccare la palla di Mbappè: calcio di rigore e si va sul 3 a 3.

La si chiude con la serie dal dischetto. I primi due a calciare sono proprio Mbappè e Messi, entrambi vanno a segno, poi la Francia crolla con due errori consecutivi che non saranno mai più recuperati.Di sicuro questo mondiale, con gioco, azioni e reti altamente spettacolari, è stato tra i migliori. Non è questa la sede per discettare sul rapporto passato-presente, ma comunque è certo che una finale giocata con questa intensità, laddove i calciatori correvano più velocemente nei supplementari che nel tempo regolamentare! Non l’abbiamo mai vista fino ad ora. Un botta e risposta continuo, diretto da questi due protagonisti assoluti; l’astro calante che si ritira con l’oro tra le mani, mentre il giovane sconfitto che quell’oro ha già posseduto, può, e questo è ancor più mirabile, cercarlo ancora perché è all’alba della sua carriera, come il sole di primo mattino.

Tratto da:Onda Lucana®by Ivan Larotonda

Si ringrazia l’autore per la cortese concessione.

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