Sono uno di quel circa 60% (dico circa perché a più di 12 ore dalla chiusura dei seggi, e nonostante la tecnologia maipiùsenza del voto elettronico, i dati ufficiali sull’affluenza non sono ancora stati pubblicati) di elettori lombardi che ieri non si è presentato alle urne.

Non ho la pretesa di elargire analisi del voto: ogni cittadino che ha deciso di recarsi o meno ai seggi l’ha fatto per le proprie insindacabili ragioni, e non ho la competenza né l’arroganza di volere trarre un trend generale dall’affluenza o dal risultato. Ci tengo a scrivere queste poche righe per raccontare perché io, personalmente, non mi sono recato al seggio.

Ieri non ho votato perché non ritengo l’autonomia la panacea di tutti i mali. Come spiegava Alberto qualche giorno fa, con l’autonomia si possono fare dei disastri clamorosi. Eventuali competenze vanno discusse per bene e nel dettaglio. Cosa che un quesito così vago non permetteva di fare. Non ho votato, insomma, per non dare un assegno in bianco all’amministrazione regionale. E ho ritenuto, altresì, che vista la natura plebiscitaria del quesito (se avessero sostituito la domanda con “vuoi bene alla mamma?” non credo si sarebbe notata la differenza), l’astensione sarebbe stata più forte mediaticamente che una manciata di no di rappresentanza.

Ieri non ho votato perché penso che una consultazione del genere svilisca il nobile intento del referendum: dare voce a chi non è direttamente presente nelle istituzioni. Pur non essendo il voto di ieri né incostituzionale né illegale, ritengo assurdo che un’amministrazione debba chiedere ai cittadini se può utilizzare dei poteri che già le competono. Utilizzare l’istituto referendario, che nei decenni passati ha indirizzato la politica secondo importanti temi etici (si pensi ad aborto o divorzio) o ha permesso ai cittadini di esprimersi riguardo alle regole costituzionali, per una misera marchetta elettorale, è una mortificazione e un insulto a questo tipo di voto.

Ieri non ho votato perché era una consultazione inutile e costosa. Se da una parte è vero che cinquanra milioni di euro erano già stati spesi, con o senza la mia partecipazione, dall’altra non volevo avvallare con il mio voto la pratica di farsi campagna elettorale con i soldi pubblici. Perché non prendiamoci in giro: convocare un referendum del genere a pochi mesi dalle elezioni altro non è che una squallida maniera di farsi campagna elettorale.

Ieri non ho votato perché Maroni non mi piace. È un politico che negli ultimi venti anni ha ricoperto incarichi potenti e prestigiosi. Da quasi cinque anni è presidente della regione, e solo ora, a pochi mesi dalle elezioni, convoca questo inutile referendum. E prima dov’era? Dov’era il suo impegno autonomista? Dov’era il suo partito che è nato con una vocazione autonomistica se non addirittura secessionista? Votare ieri avrebbe solamente significato partecipare alla campagna elettorale per un candidato che non avrà il mio voto in primavera, e al quale, evidentemente, non frega poi così tanto il garantire maggiori competenze alla propria regione.

Prova di quanto questo voto fosse un totale nonsense è il fatto che oggi si proclamano tutti vincitori nonostante l’affluenza bassa (la favola del 34% non è neanche necessario commentarla) e un quesito al quale era impossibile dire no. Non voglio certamente negare che una certa sensibilità verso l’autonomia esista nell’elettorato veneto e lombardo. Prova ne è che tutti i principali partiti spingono in maniera più o meno velata in questa direzione.

Ma a questo punto il mio auspicio è che nella prossima campagna elettorale si discuta a livello politico di quale autonomia si voglia, e una volta che si formerà una maggioranza, che si vada a trattare in maniera seria e corretta con il governo centrale sulle misure specifiche. L’autonomia è una cosa seria, di queste pagliacciate, onestamene, non se ne sente il bisogno.

via Autonomia (magari) si, ma non così — Liberali da Strapazzo