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Al di là del circolo polare artico per oltre dieci giorni si sono misurate temperature
tra i 30 (trenta) e 34 (trentaquattro) gradi, (…) ovvero i ghiacci non sono più eterni, 
e sempre meno lo saranno.  Si chiama riscaldamento globale, secondo(…)
Wallace Smith Broecker, oceanografo di chiara fama. Perchè non ci siano dubbi,
più a sud Atene e l’Attica bruciano, venti caldi, temperature altissime e il fuoco che
basta respirare perché s’appicchi, e infatti! (…)

Ma torniamo al Nord, nei dintorni del Polo. Immediatamente a molti viene in mente lo
scioglimento dei ghiacci e l’innalzamento delle acque, le città costiere allagate, le
colonne di profughi che si spostano, migrano, verso i luoghi alti, per sfuggire ai
conflitti e alle acque, a tutt’oggi più di 65 milioni di persone.

E’ questa l’immagine catastrofica che più si ritrova in articoli, romanzi, film (…), che tutti
abbiamo visto sugli schermi del mondo, e per esempio il fotografo sudafricano Gideon Mendel ha costruito una mostra Submerged portraits ritraendo persone allagate, dal Regno Unito al Brasile,  dal Pakistan alla Thailandia, Nigeria ecc..Epperò ci sono disastri meno visibili, ma non per questo meno devastanti.

calotta polare dueNell’inverno del 2017 una serie di giornate contemperature fuori scala di 10 gradi e più,  ha surriscaldato il Polo Nord, sciogliendo il permafrost intorno allo Svalbard Global  Seed Vault, un magazzino di sementi progettato per garantire che l’agricoltura  sopravviva a qualunque catastrofe, e ha rischiato di essere allagato.

Per fortuna un intervento rapido ha rafforzato le strutture, rendendole di nuovo impermeabili. (…) Il permafrost, come significa il nome, era fino a ieri assunto come ghiaccio eterno, ma se (…) dovesse sciogliersi, potrebbe liberare nell’atmosfera una gran quantità di metano, un gas serra 34 volte più potente dell’anidride carbonica per il riscaldamento globale. Infatti il permafrost artico incamera circa 1800 miliardi di tonnellate di carbonio. Se si scioglie queste evaporano nell’atmosfera, e il riscaldamento globale verrebbe accelerato ben oltre le attuali previsioni, esplodendo letteralmente.

(…) concentrarsi sulla catastrofe immediatamente visibile

calotta polare trel’innalzamento delle acque – può essere distopica. Adesso potremmo fare la
descrizione e la lista delle catastrofi climatiche probabili se non certe, che sono
molte fin quasi a “La fine del mondo” come ebbe a titolare l’Internazionale di
sett./ott. 2017, pubblicando un lungo e dettagliato articolo del New York Magazine
con i seguenti paragrafi : il giorno del giudizio, morire di caldo, niente da mangiare,
epidemie climatiche, aria irrespirabile, guerra perpetua, crisi economica
permanente, oceani avvelenati. E la terra nel giro di qualche decina d’anni quasi del
tutto inabitabile. L’apocalisse al confronto sembra uno scherzo. Ma allora perchè
almeno fino a ora non c’è stata una mobilitazione massiva dell’opinione pubblica
mondiale per fronteggiare questo fenomeno e la catena di eventi catastrofici che
può generare? Il riscaldamento globale mette in causa la vita associata e insieme la
sopravvivenza biologica dell’intera umanità, e quindi appare ragionevole che la lotta al cambiamento climatico sia una causa che unisce gli esseri umani, tutti.

calotta cinqueEppure  così non è. L’enciclica Laudato Sì di Bergoglio sull’ecologia integrale, documento di ampio respiro che tenta una interazione tra la fede e la ragione, non è riuscita a permeare di contenuti e pratiche neppure il mondo cattolico, parrocchie,
associazioni, movimenti giovanili, ordini religiosi. Nessuno parlerebbe contro, ma la
parola del Papa pare essere scivolata senza avere scalfito se non la superficie,
mentre il mare profondo dei fedeli e delle istituzioni ecclesiastiche appare finora
intoccato e/o insensibile. Certamente non impegnato in una missione per cui ne va
la salvezza del Creato, l’armonia tra l’homo sapiens e la natura, la convivenza in pace
e giustizia per gli esseri umani.

Intanto la fase della discussione scientifica, se il riscaldamento climatico sia ormai 
in essere, oppure siano traveggole di qualche scienziato pazzo, è compiuta: i negazionisti sono rimasti in pochissimi nonostante laprofusione di danaro e le pressioni  delle lobbies del carbone, petrolio e derivati. Col che Trump ha denunciato gli accordi di  Parigi e cerca di mettere i bastoni tra le ruoteai ricercatori, che hanno reagito fondando  un movimento a livello internazionale, March For Science, organizzando specie negli USA alcune manifestazioni con migliaia di partecipanti, fenomeno del tutto inusuale per degli scienziati.

Ovviamente c’è un’altra parte di ricerca scientifica e tecnologica completamente aperta,
cioè quale sarà l’evoluzione del fenomeno, con quali tempi, e per quali aumenti di temperatura assumerà dimensioni catastrofiche locali e/o globali, se e come sia possibile rallentarlo se non fermarlo, come devono cambiare i comportamenti umani – ogni  biglietto aereo andata e ritorno Londra New York costa all’Artico tre metri quadrati di ghiaccio – e quale sviluppo economico dobbiamo mettere in atto per questo, riconoscendo che la crisi climatica è associata in modo inestricabile alle
disuguaglianze di potere e reddito, nonchè alle ingiustizie sociali. Se il fronte della
scienza è ben guarnito, non basta però da solo.

calotta quattroDevono entrare in campo i cittadini.
Deve nascere una cultura del clima che sia patrimonio di ognuno/a di noi. (…) Così
forse tutti daranno una mano per tempo a alzare le dighe di protezione, oppure a
preparare una evacuazione ordinata nel caso l’acqua straripasse. Così come ci sono
corsi di educazione civica, bisognerebbe credo mettere in atto corsi di educazione
climatica e meteorologia, preparando tutti/e alla protezione civile nel caso in cui.
Una cultura che non può essere altro che cooperativa e solidale, perchè quando la
città s’allaga o si incendia o soffre per la siccità l’unico modo è quello di tenersi per
mano, di collaborare gli uni cogli altri. A meno che non si voglia invece incamminarsi
sulla via del conflitto, della violenza, del saccheggio figurato o materiale. Come ci
ricorda una targa al centro della Sala della Biodiversità del Museo Americano di
Storia Naturale, “In questo istante siamo nel pieno di una Sesta Estinzione, questa
volta causata esclusivamente dalla trasformazione del paesaggio ecologico a opera
dell’uomo”.

Sintesi di un testo del Prof. Bruno Giorgini, Università di Bologna del 24/07/18

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