Il bello della diretta
Tratto da:Onda Lucana®by Antonio Morena e Ivan Larotonda
Cos’è davvero il bello della diretta? In senso olistico potremmo dire ogni cosa perché il tutto è la somma generale di ogni ente in un dato attimo. Ogni secondo, come ci insegnavano a scuola, più precisamente al tempo in cui il discente imparava a ragionare, si susseguono ininterrottamente dei momenti che sono suddivisibili all’infinito. Einstein ce lo dimostrò con la relatività generale e prima di lui, e per ammissione dello stesso grande fisico, fu un antico greco, lucano d’adozione, chiamato Zenone, (e gli s’addice pure la rima, non voluta).
Dei paradossi di Zenone celeberrimo è quello di Achille e la tartaruga. Pare un giuoco da bimbi, ma in realtà nelle cose più semplici si nasconde il meccanismo dell’universo. Tale paradosso è l’inizio dello studio di ogni diretta, l’eternizzazione tramite ogni singolo fotogramma dell’insieme: il tutto formato da infiniti attimi. Siamo al cospetto di qualcosa di così frammentabile che l’uomo non è in grado di misurare; nemmeno coi microscopi atomici. Solo l’Onnipotente è a conoscenza del punto infimo in cui gli enti si staccano, agiscono, si spostano realmente.
Sembrano ragionamenti complicati, per molti semplici vaniloqui, eppure nessuno prima di Zenone ha analizzato l’istante, la diretta, la serie di momenti che fa si che Achille non raggiunge mai la tartaruga. Renè Guenon vedeva nella conoscenza metafisica l’identità tra possibile e reale, la verità in sé; in estrema sintesi è questa la realizzazione dell’infinito. Ecco il dramma esistenziale dell’uomo, il dibattersi tra i due estremi spaziotemporali. Quanti fotogrammi occorrono ad Achille affinché raggiunga la tartaruga? E Dove finisce lo spazio, dov’è che potremo metafisicamente raggiungere Dio: al termine del suo creato?
Intanto viviamo nella diretta che ci è stata donata cercando, come insegnava Seneca, a non perdere tempo in cose fatue; perché non conta vivere mille anni senza far nulla, ma viverne cinquanta cercando almeno di riempire la mente ricevuta in dono, quella fossa che nell’episodio di S. Agostino e l’angelo non può essere colmata di tutta l’acqua degli oceani, che è la sapienza divina.
Saremo giustificati agli occhi di Dio se almeno l’intelletto che ci ha consegnato non sarà sprecato. Carpiamo l’attimo, anzi la serqua infinita d’attimi, ma di ogni cosa, dal bicchier di vino a come saldare un montante d’automobile, di modo che alla fine della nostra diretta sulla Terra potremo presentarci dinanzi al Creatore degni di noi, di esseri umani.
Tratto da:Onda Lucana®byAntonio Morena e Ivan Larotonda
Tutto il materiale media e il testo non possono essere riprodotti salvo autorizzazione.
Vignetta interna/di copertina prodotte da Antonio Morena.